Metro 2033: la recensione

Negli ultimi anni, il mondo della fantascienza Russa si e’ affacciato con impeto sul panorama mondiale. Dopo i film di genere degli anni ’70 (su tutti Stalker e Solaris, comunque non di semplice digeribilita’), c’e’ stato un lungo periodo di silenzio, complici i distributori europei e – probabilmente – anche la non eccelsa produzione locale. Poi, forse grazie alla diffusione di videogiochi di spessore sviluppati da software house Ucraine (come per S.T.A.L.K.E.R.) o Russe, che badano anche alla sostanza e non solo agli effetti speciali, nuova linfa viene pompata sui nostri scaffali. Ecco quindi la possibilita’ di leggere Metro 2033, romanzo del giovane Dmitry Glukhovsky, dal quale e’ stato tratto un videogioco di successo.

 

 

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La copertina della versione Italiana

 

La storia e’ ambientata una ventina d’anni nel futuro, dopo che una guerra atomica ha distrutto la civita’ e la sopravvivenza e’ possibile esclusivamente nel sottosuolo. Gli abitanti di Mosca si sono rintanati nella fitta rete della metropolitana cittadina, ed hanno trasformato le stazioni in piccoli paesini autosufficienti, nei quali trascorrono la loro miserabile, squallida, difficile vita. I pericoli sono molteplici; dalle radiazioni alle strane anomalie che pervadono i tunnel di comunicazione, ai mutanti, alle guerre tra le diverse fazioni in lotta per il controllo della metropolitana. In questo contesto seguiamo le gesta di Artyom, giovanotto di belle speranze che verra’ presto investito del ruolo di eroe che deve salvare, suo malgrado, l’intera metropolitana da un pericolo oscuro.

Tenendo conto che le storie post-apocalisse a me sono sempre piaciute, l’ambientazione proposta in questo romanzo e’ sicuramente qualcosa di nuovo e di particolare; uno spaccato di vita in una serie di tunnel bui e freddi e’ sicuramente una fonte di ispirazione non indifferente. Eppure, devo ammetterlo, lo stile di Glukhovsky non mi ha affatto convinto: didascalico, prolisso, si perde a volte in dialoghi che ricordano la letteratura Russa dell’800. Non c’e’ un accenno alla divisione in paragrafi, tanto che la lettura risulta pesante, poco dinamica; e anche la descrizione dei luoghi, degli abitanti e dei loro costumi e’ carente, ed e’ un vero peccato pensando a quanto si sarebbe potuto fare con poche, incisive parole. Il protagonista soffre poi della “sindrome del film horror”, quella sindrome che, posto di fronte ad una scelta sensata e intelligente ed una irrealistica e completamente stupida, ti porta a scegliere la seconda ipotesi. Insomma un protagonista poco credibile, il solito immortale dotato di poteri superiori ai suoi simili, classico stereotipo trito e ritrito.

 

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Dmitry Glukhovsky

 

Sia chiaro: il romanzo non e’ da buttare, tutt’altro. Si fa leggere, nonostante qualche passaggio lento o a vuoto, e regala anche bei momenti di coinvolgimento, che sia emozionale o puramente legato all’azione. Certo, si poteva fare di meglio, e quando ci si trova un tomo da 800 pagine che spicca per lentezza narrativa, i momenti di scoramento nel lettore prima o poi arrivano.

Complessivamente, non rimpiango di aver comprato il libro (e il suo seguito, decisamente meno voluminoso, e che leggero’ nel prossimo futuro), anche se mi aspettavo di piu’; la classica occasione mancata, che da onesta lettura poteva tramutarsi in capolavoro.

Nota: l’editore italiano ha reso disponibile l’intero manoscritto per la lettura online. E’ una impresa, ma se proprio non volete spendere una lira per un libro potete leggerlo QUA.

 

Metro 2033, 2002.
Voto: 6.5

 

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