Hanna: la recensione

Diciamolo subito: Hanna non verra’ mai ricordato come un film-capolavoro, ma e’ l’ennesima dimostrazione che i film d’azione europei riescono benissimo a fare la loro piu’ che dignitosa parte anche senza ricorrere a chissa’ quali effetti speciali.

 

Forse saro’ prevenuto, magari saro’ di parte, ma le coproduzioni europee che tentano la via dell’azione mi hanno sempre trovato ben disposto, al contrario delle pellicole provenienti dagli USA, per il diverso approccio che hanno: trama concreta, un filo logico narrativo, situazioni piu’ che possibili all’interno del contesto. E’ stato il caso, fra gli altri, di Il Regno del Fuoco, Nido di Vespe, Underworld; e anche questo Hanna non si discosta piu’ di tanto da questo ottimo sentiero.

 

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Cercare di raccontare la trama rimanendo sul generico, per non svelare particolari a chi il film non l’ha ancora visto, in questo caso e’ tutt’altro che facile. E’ un film che si basa sull’azione e sulla fuga; puo’ sotto questo aspetto ricordare il fin troppo sottovalutato Lola Corre, che ha lanciato la carriera di Franka Potente.

La brava Saoirse Ronan (quasi irriconoscibile rispetto a Ember e ad Amabili Resti) interpreta una ragazza che vive in una foresta col padre; a loro e’ privato ogni conforto della vita moderna, e sebbene sia chiaro che questa sia una precisa scelta (ma inizialmente non si capisce perche’), il loro alloggio e’ una baracca fra alberi e neve e il cibo e’ frutto della caccia. Inoltre tutto verte intorno all’addestramento della lotta e dell’uso delle armi; la ragazza e’ sotto questo aspetto algida, quasi meccanica. Ben presto pero’ la ragazza si trovera’ a fuggire, cercando di salvare se stessa, i suoi cari, e al tempo stesso scoprire il suo misterioso passato.

 

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Ecco, di piu’ non voglio dire; il film merita di essere visto – punto e basta – e gustato senza sapere nulla di nulla; e’ una pellicola travolgente nella sua velocita’, nella freddezza, nel poco margine che lascia ai soliti buonismi o moralismi che invece spesso si trovano come sottomessaggi nelle pellicole di genere. In questo, Hanna e’ una piccola perla: non c’e’ nessuno che voglia insegnare niente a nessuno; per una volta di e’ onesti nel dire che a volte le cose vanno fatte, per quanto brutte, senza starci a pensare troppo sopra.

Spiccano i ruoli di Eric Bana, nella parte del padre di Hanna, e Cate Blanchett, sempre piu’ a suo agio nei ruoli di asettica/cattiva/eterea figura calata dall’alto. Forse per l’attrice australiana questo rischia di diventare un pericoloso cliche’ che ormai la si vede recitare solo in questi ruoli.
Da notare anche la presenza del bambino con la testa piu’ grossa del mondo (credo sia Tim Beckmann ma non sono sicuro).

 

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Se un’appunto puo’ esser fatto e’ quello di voler cercare una certa sperimentazione estrema nei primi inseguimenti, sulla falsa riga del gia’ citato Lola Corre ma con un minor impatto positivo. Ci sono anche dei passaggi un po’ forzati, momenti in cui si gira a vuoto o la connessione fra una situazione e le sue conseguenze sono discutibili; si tratta di aspetti non trascurabili ma secondari, che pero’ inficiano leggermente sulla resa finale della pellicola. Insomma, se la regia di Joe Wright e’ nel complesso piu’ che positiva, deve probabilmente lavorare ancora su alcuni eccessi tipici dell’inesperienza di chi e’ al primo vero film d’azione.

In conclusione, consiglio Hanna a chiunque abbia voglia di passare quasi due ore in compagnia di botte, proiettili, misteri e claustrofobici inseguimenti, il tutto senza doversi mettere occhialini 3D o ricercare l’ultimo effetto speciale. Aspetti decisamente positivi, visto il periodo.

Hanna, 2011
Voto: 8
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