MotoGP: la crisi nera dei costruttori giapponesi

La Suzuki si è ritirata, le Yamaha viaggiano in fondo alla classifica, Honda si nota solo quando è in pista Marquez: che succede alle giapponesi?

 

 

Il mondo della MotoGP è in piena rivoluzione, e non da oggi. Oltre alla repentina uscita di scena dei piloti più forti della generazione precedente, il 2020 ha portato uno scombussolamento inaspettato per quanto riguarda le case costruttrici.
Che sia la causa sia una crisi economica che ha colpito anche i reparti corse dei marchi che non fanno del motociclismo l’unico mercato di riferimento, o una sottovalutazione degli avversari ed una disattenzione allo sviluppo, fatto sta che i valori in pista delle moto si sono rapidamente ribaltati. Se la Suzuki ha clamorosamente ritirato la sua squadra appena due anni dopo aver vinto il mondiale piloti con Mir, aver vinto quella a squadre ed aver mancato di appena 20 punti quella costruttori, Honda e Yamaha sono rapidamente diventate l’ombra di se stesse.

Mentre Ducati, Aprilia e KTM continuavano a sviluppare le loro moto in modo completo ed intenso, ottenendo il meglio dalle capacità tecniche del proprio personale e sopperendo con la bravura ad un budget infinitesimale rispetto a quello dei colossi giapponesi, Honda e Yamaha sembrano aver commesso entrambe lo stesso errore: puntare principalmente sui loro piloti di riferimento, limitandosi a raffinare le caratteristiche delle rispettive moto tralasciando il resto. Il risultato è evidente: nonostante Quartararo le Yamaha navigano in posizioni di classifica poco onorevoli, mentre le Honda fanno da comprimarie se a guidarle non è Marquez, che compensa col suo talento le carenze della RC213V.

 

 

Ducati, come costruttore, sta dominando da due anni la MotoGP grazie ad una Desmosedici che per prima ha visto l’introduzione di appendici aerodinamiche che hanno rivoluzionato il campionato, e che si vanta di un pacchetto motore-ciclistica che lascia a bocca aperta. Le moto di Borgo Panigale stanno facendo il pieno di risultato sia con la squadra ufficiale che con quelle satellite; solo Aprilia nel 2022 e parzialmente KTM in questa stagione hanno dimostrato di poter competere con Ducati dal punto di vista dei mezzi meccanici.

Honda, storicamente forte di motore e complessivamente solida sotto tutti gli aspetti, e Yamaha, tuttora moto agilissima, scontano una certa arroganza che ha visto il loro sviluppo praticamente arrestarsi dopo il 2020 e che in entrambe i casi ha pressochè ignorato le sensazioni riportate dai propri piloti di punta: sia Marquez che Quartararo chiedono da anni drastici miglioramenti sul motore, diventato ormai il vero tallone d’achille delle giapponesi.

 

 

Honda e Yamaha hanno alle spalle due gruppi industriali dalle capacità economiche impressionanti e non comparabili con realtà molto più piccole come Ducati, Aprilia e KTM. Eppure questa situazione dimostra come l’eccellenza si raggiunga non solo con i soldi ma anche con genialità, programmazione e determinazione.
La speranza è quella di recuperare le case giapponesi e di aumentare il numero di moto capaci di lottare per le posizioni di vertice; vedere Quarararo e Marquez correre costantemente al di sopra delle loro possibilità e cadere fin troppo spesso per cercare di rimanere a contatto con le moto più veloci è una punizione immeritata per i due piloti europei.

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