MotoGP, dov’è finita la Suzuki?

Da favorita al titolo a comparsa: cosa sta andando storto nella scuderia del campione del mondo in carica?

 

 

Strana e avvincente stagione quella di quest’anno per la classe regina del motomondiale.
Quella 2020 appena conclusa aveva dimostrato per la casa di Hamamatsu una costanza nei risultati da riferimento per gli altri ed una prestazione della moto a dir poco notevole, manifestando una crescita veramente importante al punto di portare Joan Mir a laurearsi campione del mondo pur con una sola vittoria ed arrivando si terza nella classifica costruttori, ma a soli 19 punti dalla vincitrice Ducati. Di fatto è doveroso ricordare che la Suzuki schiera due sole moto contro le sei della casa bolognese che peraltro ha un team satellite tra i più brillanti, il Pramac Racing di quella vecchia volpe di Francesco Guidotti; era lecito quindi considerare quel risultato come una vittoria totale e assoluta pensando che con due sole moto in più in pista la casa giapponese avrebbe probabilmente arraffato anche il mondiale costruttori oltre a quello piloti.

Quest’anno non solo la Suzuki sembra essere praticamente cresciuta zero rispetto alla scorsa stagione, ma soprattutto i due piloti stanno mostrando scarsa concretezza e regolarità; analizziamo i risultati di queste prime cinque gare, cercando di capire cosa è cambiato rispetto alla passata stagione.
Partiamo da quello che avrebbe dovuto essere il favorito essendo detentore del titolo, ossia Joan Mir: se è vero che lo spagnolo quest’anno ha più punti rispetto all’anno precedente (49 contro 43) da lui ci si sarebbe aspettata qualche fiammata in più, una maggiore costanza di risultati ma anche e soprattutto una maggiore aggressività vista la giovanissima età e l’esperienza del titolo appena messo in tasca: è il neo campione in difficoltà personale o la GSX-RR non lo supporta più adeguatamente?

 

 

Ad ogni modo il livello della competizione è altissimo e la stagione ancora lunga, quindi la valutazione non può essere completamente negativa; vedremo se il maiorchino saprà riprendersi e tornare a lottare coi primi come lo scorso anno.
La delusione più grande arriva da Alex Rins che questa Suzuki se la dovrebbe ormai essere cucita addosso visto che la guida da ben 5 anni, ma che non ha mai perduto la propensione all’errore, e quest’anno più dei precedenti: i soli 23 punti collezionati finora e soprattutto i tre zeri consecutivi delle ultime gare lo relegano al 12° posto nella classifica provvisoria dietro addirittura a Pol Espargarò al primo anno con la ostica Honda RC213V.

Come accennato in precedenza la Suzuki è sempre terza nella classifica provvisoria costruttori, ma con la metà dei punti di Ducati e praticamente anche della Yamaha, divario che comincia a farsi pesante da recuperare con due rivali, Ducati in primis, che sembrano lasciare poco agli altri anche su piste che amiche non avrebbero dovuto essere.

Per quanto riguarda la componente tecnica la GSX-RR è probabilmente la moto che meno è cambiata rispetto alla passata stagione; il 4 in linea non è mai stato strabordante di cavalli come i suoi rivali a V ma dalla sua aveva una erogazione validissima che aiutava molto i piloti a gestire e far lavorare correttamente le gomme. Affinamenti ci sono stati, certo (ad esempio sullo scarico allungato rispetto al precedente), cosa che dovrebbe garantire qualche cavallo in più.

 

 

Ma visto che lo sviluppo dei motori è stato congelato per quest’anno grossi passi avanti non possono esserci stati neanche per la concorrenza; lo sviluppo dell’aerodinamica può senz’altro dare dei benefici, ma in fondo viene da pensare che qualcosa sia cambiato soprattutto nelle gomme. Michelin dichiara piccoli cambiamenti come una maggiore rigidità dei suoi pneumatici ed il leggero “indurimento” della mescola soft dello scorso anno (che proprio le moto più sensibili sfruttavano meglio); questo potrebbe spiegare anche le cadute di Joan ma soprattutto quelle di Alex.

Ma è solamente aumentata la competitività degli altri costruttori? Questo è possibile visto quanto è alto il livello ormai di tutte le case nella classe regina, ma un sospetto più che lecito viene: l’uscita di scena di quel motivatore, di quel fantastico collante che è Davide Brivio, team manager della scuderia fino allo scorso anno e che la casa nipponica ha deciso di non sostituire, rivedendo gli assetti interni ma lasciando di fatto vacante questa figura all’interno della scuderia.

Forse manca questo alla squadra, qualcuno che faccia credere tutti nello stesso sogno e che dia una direzione precisa a tutti questi uomini che hanno portato in alto moto e piloti nello scorso anno. D’altronde si sa, arrivare in alto è difficile ma restarci lo è ancora di più.

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