Più interessato a raccontare una storia che ad essere un videogioco vero e proprio, lo scopo di Orwell è di sensibilizzare sul controllo delle informazioni.
In questo periodo storico di grandi trasformazioni e globalizzazioni sociali e delle informazioni, molte sono le sfide che dobbiamo affrontare. La censura, della quale abbiamo recentemente parlato sulle nostre pagine, ed il controllo delle persone tramite la tecnologia sono due dei temi più scottanti e pressanti che in questi anni si impongono all’attenzione di tutti noi.
Orwell ha il merito di evidenziare queste tematiche, ma poco altro.
Intanto, in realtà non ci troviamo di fronte ad un videogioco; l’interazione è minima, e si passa la quasi interezza del tempo di gioco (circa 7 ore) a leggere testi e trascrizioni. Ci troviamo infatti nei panni di un agente che opera dietro un sistema capace di accedere ai computer ed ai telefoni dei sospettati, e che può quindi leggere i dati contenuti in questi oggetti (in realtà solo una ristretta selezione di dati). Leggendo email, siti web ed ascoltando (leggendo) conversazioni telefoniche, saremo in grado di trasferire le informazioni utili (sempre evidenziate, quindi zero ricerca) all’interno del sistema dove il nostro superiore farà le debite correlazioni e indirizzerà le indagini.
Come potete vedere, il gioco è privo di qualsiasi forma di reale attrattività videoludica; sebbene i primi minuti siano intensi, ci si rende ben presto conto che di carne al fuoco ce n’è poca. Si tratta di leggere, selezionare il sospetto corretto e fare drag & drop dell’informazione evidenziata. Basta. In un paio di occasioni ci sono scelte da fare, ma è davvero troppo poco per definire Orwell un “gioco”.
Si tratta piuttosto di un racconto, e da questo punto di vista se la cava abbastanza. La trama, anche se piuttosto stereotipata, si dipana fluidamente, anche se mancano i momenti topici. I personaggi che prendono parte alla vicenda sono divisi in classici cattivoni dello stato o esaltati radical chic, e in mezzo non c’è nulla. Fa piacere vedere che per una volta non si nascondono le ipocrisie e le frivolezze di chi fa del politically correct e della libertà a tutti i costi il proprio credo; Orwell in questo sembra non voler prendere una posizione e con un tentativo di colpo di scena finale tenta di sparigliare le carte, ma in realtà il copione è già facilmente intuibile a metà del gioco (e forse anche prima).
Resta la denuncia nei confronti di mezzi tecnologici in grado di spiarci e controllarci, cosa sulla quale sono personalmente d’accordo entro certi limiti, mentre invece sposo in pieno l’accusa contro l’uso personalistico che si fa di questi dati. Questo rimane l’unico vero punto di forza di Orwell, che ricostruisce un universo parallelo in cui possiamo riconoscere un Facebook, un Whatsup, i siti web e la posta e capire come possano essere usati a nostra insaputa.
Dal punto di vista tecnico, l’aspetto grafico è particolare e gradevole. L’utilizzo della grafica 2D low-fi molto in voga di questi tempi (vedi Precipice, ma anche Oxenfree, The Walking Zombie 2 o Bomber Crew) consente una buona realizzazione senza eccessivi sforzi di programmazione. Non essendoci animazioni importanti, ed essendo il cuore del gioco testuale, dal punto di vista grafico non c’è molto da segnalare. Il comparto sonoro è invece praticamente assente.
Il gioco è in inglese ma ben comprensibile anche da chi non è madre lingua, mentre la localizzazione italiana è terrificante, tanto che dopo due soli minuti sono tornato a giocare con la lingua di albione.
Orwell – Keeping An Eye On You va approcciato più con l’idea di leggere una storia che giocare ad un avventura, per quanto lineare possa essere; e non eccellendo nemmeno come racconto non mi sento di promuoverlo, nonostante la delicatezza dei temi trattati.