Se lo Stato non deciderà di intervenire sul settore sanitario, l’aumento delle bollette potrebbe avere conseguenze fatali già a partire dal prossimo autunno.
Il canto del cigno del Governo segue le note del risparmio energetico. Nelle ultime settimane infatti le azioni dell’esecutivo sono state indirizzate proprio verso la necessità impellente di ridurre i consumi energetici e i relativi costi annessi; è necessario risparmiare non solo per ridurre il peso economico delle bollette, ma sopratutto per evitare di precipitare in una crisi energetica nel caso in cui le forniture russe cessino del tutto.
Prima di essere fondata sul lavoro l’Italia è un Paese fondato sulla famiglia; è perciò del tutto naturale che ogni cittadino consideri quasi unicamente il danno che tale situazione sta apportando ai risparmi e alle entrate del suo nucleo familiare. Analizzando però il momento con un’ottica a campo largo si incontreranno delle situazioni in cui il costo attuale dell’energia potrebbe generare gravi danni, come nel caso delle strutture sanitarie pubbliche e private: veri e propri energivori che non possono smettere di fagocitare.
Il Gruppo San Donato, uno dei più grandi gruppi ospedalieri privati, ha preventivato un aumento dell’890% del costo del gas e un aumento del 260% di quello dell’energia elettrica, cifre astronomiche quasi certamente calcolate per eccesso e non per difetto, ma comunque non troppo distanti dal reale aumento delle bollette che si verificherà già dal prossimo autunno.
La FIASO (Federazione Italiana Aziende Sanitarie ed Ospedaliere) già ad inizio 2022 aveva richiesto un aiuto al Governo di 500 milioni di euro per far fronte sin da subito agli aumenti del costo delle energia, senza dover gravare sulla salute dei pazienti e sul funzionamento delle aziende ospedaliere; il Governo ha risposto presente ma con le dovute distanze, e il versamento nelle casse della sanità è stato pari alla metà della cifra richiesta.
Il comparto sanitario dal 2010 è stato il terreno fertile per tagli al budget e ridimensionamenti del personale finalizzati alla diminuzione delle spese per far fronte alla necessità di fondi economici da destinare verso altri comparti del Paese. Dal 2010 infatti la spesa per la sanità è cresciuta in media dello 0,90%, registrando dei picchi ovviamente nel periodo pandemico, ma con l’inflazione media annua all’1,7%; il risultato è un definanziamento di circa 28 miliardi di euro.
I tagli al budget della sanità si sono manifestati con forza nel periodo più caldo della pandemia, quando improvvisamente l’opinione pubblica e la politica italiana si sono accorte che tutti quei mancati finanziamenti avevano generato una carenza di posti letto generali e nelle terapie intensive, una forte mancanza di personale medico e infermieristico, e una penuria di apparecchiature moderne in grado di assolvere ai propri compiti.
La nostra sanità è stata da sempre un’eccellenza riconosciuta a livello internazionale, data la competenza dei nostri medici e soprattutto la copertura assistenziale che offre; è proprio per questo forse che la politica, negli ultimi decenni, si è convinta che i soldi si potevano trovare lì dove si erano sempre investiti. La situazione potrebbe però tracimare visto il recente passato e il futuro più prossimo.
Le prossime elezioni ci daranno un nuovo governo, che avrà sin da subito l’arduo compito di gestire l’imminente arrivo dell’autunno e di tutte le criticità energetiche annesse, di soddisfare le richieste dell’UE per avere accesso ai fondi da destinare al PNRR, e soprattutto di redigere un Documento di Economia e Finanza forse mai come ora così decisivo per il nostro futuro economico e sociale.
Fa riflettere però che tutte le maggiori forze politiche abbiano presentato dei programmi elettorali in cui il sistema sanitario è menzionato secondariamente rispetto ad altri temi politicamente più accattivanti come digitalizzazione, deregolamentazione, disuguaglianze e cittadinanza; tutti questi obbiettivi richiedono un’enorme quantità di fondi viste le condizioni del Paese, soprattutto per quanto la digitalizzazione e l’ammodernamento tecnologico. Le casse dello Stato però al momento non sono potenzialmente in grado di soddisfarli.
Sarà in grado la politica nei prossimi mesi di gestire le promesse fatte all’UE in sede di approvazione del PNRR, le promesse elettorali e le criticità energetiche del settore sanitario? Probabilmente no dato che in passato ci ha abituato a dover rinunciare a degli obbiettivi da lei stessa posti per delle mancanze che probabilmente c’erano già prima delle promesse fatte.
Ma la speranza è l’ultima a morire… sempre che non finisca in un ospedale durante un blackout.