Dove (non) sta andando l’Italia

La terribile crisi che sta attraversando l’Italia ha molteplici padri. Ma se e’ oggettivamente possibile ricostruirne le cause anche per me, semplice osservatore, e’ inquietante il fatto che la classe dirigente preposta a governare questa nazione non solo non abbia fatto molto per evitarla, ma non riesce a trovare una soluzione che eviti la classica situazione del “buttare l’acqua del bagnetto con il bambino dentro”.

 

 

Gli effetti devastanti di questo momento congiunturale sono evidenti e sotto gli occhi di tutti. Con un potere di acquisto dimezzato gia’ nei primi mesi del 2002, con una contrazione dei posti di lavoro disponibili, con un costo della benzina praticamente raddoppiato rispetto a tre anni fa, con una pressione fiscale che ha raggionto il 45%, un indebitamento costante, gli italiani ormai non ce la fanno piu’.
Le manifestazioni di piazza sono all’ordine del giorno, aumentano le famiglie che intaccano fortemente il loro risparmio accumulato in obbligazioni, case o beni preziosi, addirittua si cominciano a contare i suicidi, per lo piu’ pensionati o piccoli imprenditori che non sono in grado di sostenere la loro attivita’, mettendo su una strada i propri dipendenti oltre che se stesso.

Tutto questo e’ figlio di scelte politiche scellerate, di lobby che negli anni hanno ridotto i cittadini europei a semplici strumenti per l’arricchimento di pochi; e’ il liberismo piu’ sfrenato, evoluzione ancora piu’ marcia del capitalismo tanto criticato (anche da me) per i suoi eccessi.
La scelta di proteggere i cittadini doveva essere fatta dai nostri politici; una scelta che doveva implicare anche azioni impopolari, riforme e modifiche che dovevano necessariamente toccare gli interessi di settori economici e di ampie fette di popolazione. Ma, mentre nei paesi europei che oggi riescono a barcamenarsi in questo guazzabugli, da noi nessuno ha mosso un dito. Troppo difficile scontentare gli elettori, troppo importante non rischiare di perdere il posto in Parlamento; il prevedibile risultato e’ di trovarci nella situazione attuale, una situazione disperata e pressoche’ ingestibile.

 

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Il gruppo dei ministri del governo Monti

 

Oggi abbiamo un governo la cui natura controversa continua a generare polemiche – anche se sarebbe il caso di piantarla con questa storia del “governo non eletto dal popolo”: sono i partiti ad aver combinato questo casino, farebbero bene a starsi zitti nelle loro fastose residenze. Un gruppo di tecnici, non di politici, che ora devono trovare il modo di risanare la nostra economia e nel frattempo gestire una nazione in ogni suo aspetto, con le ovvie problematiche e passi falsi che non potevano non compiere.
Cio’ che questo governo e’ chiamato a fare e’ trovare un modo per salvare capra e cavoli: pareggiare il bilancio statale, risanare parte del deficit (proprio mentre gli speculatori cercano di cannibalizzare i paesi piu’ vulnerabili dell’Eurozona), ristrutturare il mercato del lavoro e rimdellare il sistema pensionistico su una piattaforma sostenibile. Non proprio dei compiti dei piu’ facili, da fare in tempi rapidi ed in un momento delicato come questo. Le critiche becere che stanno piovendo su questo gruppo di persone sono del tutto ingiustificate: non si puo’ pretendere di salvare un paese (si, salvare dal baratro l’Italia) venga fatto senza creare scompensi; occorre effettuare manovre d’emergenza nel breve tempo concesso per riparare ai guasti di decenni.

Il governo Monti gode di una credibilita’ internazionale che non avevamo piu’ dai tempi del pentapartito; e vede fra i suoi ministri persone che, sebbene legate in qualche modo a gruppi di interesse (immagino sia inevitabile, a questi livelli), sono sicuramente preparate e capaci. Il che non significa che non possano sbagliare.

Una idea che ho da sempre, fin dai tempi dei CD audio a 40.000 Lire (ve li ricordate?) mi sono sempre chiesto perche’ alzare il prezzo, riducendo drasticamente le vendite per un ricavo maggiore, sia una strategia lungimirante nel lungo periodo rispetto all’abbassare i prezzi di vendita, aumentando i pezzi venduti recuperando cosi’ il minor ricavo sul singolo pezzo. Ecco, questa cosa vale anche per le tasse: perche’ non abbassarle, consentendo a tutti di vivere in modo piu’ tranquillo, eliminando la “scusa sociale” delle tasse troppo alte, ed effettuando seri controlli fiscali con pene anche molto dure nei confronti di chi evade? Se mi si risponde che nel caso dell’Italia fare questa scelta e’ impossibile nell’immediato per via del debito pubblico accumulato posso anche capire, anche se mi chiedo allora come possa una economia depressa dalla pressione fiscale reagire e riprendere la via della tanto auspicata crescita: sono notizie di oggi il crollo degli ordini all’industria, di ieri la terroristica previsione dell’ISTAT sul drastico crollo dei prezzi delle case (previsioni fatte in questo modo forzano il mercato a seguire le previsioni stesse).

Altra cosa che non capisco e’ come mai non si agisca veramente sugli sprechi del pubblico, con tagli non sul servizio al cittadino ma sui mega stipendi ai manager, sulle liquidazioni miliardarie, sui generosi vitalizi e sui doppi incarichi doppiamente retribuiti; il tutto mentre il tempo medio di attesa del pagamento di un fornitore dello stato Italiano e’ di circa 11 mesi, cosa che metterebbe in crisi qualsiasi azienda.

 

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Una immagine che facilmente riassume la situazione dell’Eurozona

 

Ma questi sono solo esempi. Cio’ che ancora non e’ chiaro, e’ come si intenda uscire da questo circolo vizioso, dove si spreme una mucca gia’ smunta invece di nutrirla per farle fare piu’ latte. Ha probabilmente ragione chi dice che se non ci fosse stato il governo Monti, oggi l’Italia sarebbe un paese imploso, dichiarato in fallimento e fuori dalla zona euro; resta il fatto che non sono assolutamente certo che questo sia un vantaggio. L’Argentina e’ fallita, ed ha passato anni di terribile sofferenza economica; in tempi piu’ recenti anche l’Islanda e’ fallita, con la differenza che ora ha una economia solida. Questi due casi, come quello che attualmente colpisce l’Europa, deriva dalla speculazione selvaggia dei poteri economici, che hanno completamente sostituito i poteri costituiti e che in qualche modo hanno inoculato i loro uomini nei posti di comando dei piu’ importanti paesi occidentali.

Se fossimo in un mondo utopico, il popolo europeo scenderebbe coraggiosamente in piazza per impedire fisicamente a questi centri di potere, a elementi interessati solo al loro interesse speculativo, di poter gestire la res publica. La realta’ pero’ e’ un’altra, ed e’ quella di un gruppo di etnie e popolazioni per nulla unite fra di loro, tenute insieme con lo sputo esclusivamente per motivi economici e politici. Occorre quindi sperare in un nuovo corso, piu’ oculato e meno speculativo, che permetta lentamente di ritornare ad una condizione economica accettabile per i paesi dell’Eurozona.

Le due opzioni sono trovare un compromesso fra le assurdamente rigide regole interne dell’EU, scritte senza avere una infrastruttura dinamica o perlomeno simile a quella di un vero stato infranazionale, o cadere in una crisi che in confronto quella del 1929 parrebbe una roba da scuola elementare. E ho il terrore che i politicanti europei non saranno in grado di vedere la strada da seguire.

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