Il Gladiatore: la recensione

Un grande film reso tale grazie all’abilità del regista, al grande lavoro di produzione e all’accuratezza e all’impegno degli interpreti.

 

 

Articolo originariamente pubblicato il 13/06/2000.

 

Qualcuno potrebbe pensare che Il Gladiatore sia uno di quei classici film ambientati nella Roma antica ai quali siamo abituati sin dai tempi di Ben Ur, ma sbaglierebbe. E sbaglierebbe anche se pensasse ad una tipica “americanata” tutto budget e niente contenuti: stavolta è diverso.

Il film racconta la storia di Massimo (Russell Crowe, presente in Insider – Dentro La Verità, A Beautiful Mind, Master & Commander, The Next Three Days, Thor: Love & Thunder), generale dell’Impero al servizio del grande Marco Aurelio (Richard Harris), divenuto schiavo, gladiatore e infine salvatore di Roma. La vicenda ha inizio in Germania dove, al termine di una battaglia che vede l’esercito romano uscire vittorioso, l’imperatore comunica a Massimo la sua decisione di proclamarlo suo successore alla guida dell’Impero. Ma il figlio dell’Imperatore, Commodo (il Joaquin Phoenix visto successivamente in Signs, The Village, Hotel Rwanda, Joker), venuto a conoscenza di tale decisione, viene colto dall’ira ed uccide Marco Aurelio nel suo stesso accampamento.

Poi, per paura di essere smascherato, condanna a morte il generale Massimo, il quale però in un primo momento riesce a fuggire in terra d’Africa, e successivamente viene catturato e fatto schiavo. Sempre in Africa viene comperato da Proximus (Oliver Reed), grazie al quale, divenuto gladiatore, fa ritorno a Roma per esibirsi nel Colosseo. Nella capitale dell’impero, Massimo riesce a conquistare il popolo tramite le sue gesta nell’arena, e nonostante solo in pochi conoscano la sua vera identità, diviene un pericolo per l’imperatore Commodo, che tenterà in vari modi di eliminarlo.

 

 

Tutto il film è permeato da una sensazione di maestosa grandiosità, che scaturisce sia dai personaggi (molto curati nella descrizione caratteriale) che dalle strabilianti ricostruzioni al computer della Roma antica. Andando al cinema mi aspettavo una storia tutta azione e combattimenti, invece il film è ricco di dialoghi e di scene pacate (ma mai noiose) che contribuiscono ad approfondire la vera natura dei protagonisti.

Così il fiero Massimo non ci appare semplicemente una macchina da guerra, bensì un valoroso soldato dedito a valori come la famiglia ed il culto degli antenati, fedele al proprio imperatore anche dopo la sua stessa morte; Commodo non è soltanto uno spietato tiranno astuto e calcolatore ma un personaggio ricco di passioni e di ambizioni; Proximus non è solo un addestratore di gladiatori e mercante di schiavi, ma un uomo coraggioso che con il proprio valore è riuscito a conquistare la libertà.

Tutti i personaggi, buoni o cattivi, sembrano essere circondati da un’aura d’onore e di nobiltà indipendentemente dalle azioni che compiono: è così per Commodo anche nel momento in cui diviene un parricida; ed è lo stesso per Massimo quando la sua professione diventa quella di uccidere per il divertimento del pubblico. E quando questi giungono a Roma, l’intera città sembra essere la materializzazione delle loro virtù: la capitale dell’impero è dipinta in una veste sfavillante quasi all’inverosimile, nella maestosità dei palazzi reali, nell’imponenza del Colosseo, e addirittura nei particolari più piccoli come gli abiti dei cittadini o le armi e le armature dei combattenti.

 

 

Alcuni piccoli anacronismi (la presenza di balestre inventate in realtà nel medioevo, dei tatuaggi, e di armature metalliche troppo ben lavorate per essere di 2000 anni fa) contribuiscono a questa immagine titanica senza interferire minimamente con la serietà della rappresentazione.

La regia merita un elogio personale: le scene dialogate non sono mai troppo statiche, mentre la battaglia iniziale e i combattimenti dei gladiatori sono a dir poco eccezionali.

Ridley Scott (Alien, Blade Runner, Black Rain – Pioggia Sporca, Thelma & Louise, Black Hawk Down, Prometheus, Sopravvissuto – The Martian) nasconde la violenza delle scene più crude dietro rapidi movimenti della telecamera e inquadrature di precisione millimetrica, senza però togliere nulla al realismo degli scontri. La battaglia di Germania e quelle nelle arene comunicano un senso di confusione e rapidità tali da immergere completamente lo spettatore nella scena, e sicuramente ricostruiscono quella che deve essere stata l’impressione reale di un soldato nel cuore dello scontro. Raramente un regista riesce ad alternare con tale maestria stili di ripresa così differenti, come d’altra parte le sensazioni che questi comunicano.

Per quanto riguarda gli attori, Russell Crowe si cala perfettamente nella parte di Massimo, e nonostante non sia sicuramente un interprete espressivo come un De Niro o un Pacino riesce ad esprimere con sottili mutamenti d’espressione tutti gli stati d’animo del proprio personaggio, mentre molto espressivo e sicuramente adatto alla parte assegnatagli risulta Joaquin Phoenix.

Un grande film, reso tale grazie all’abilità del regista, al grande lavoro di produzione e all’accuratezza nella scelta degli interpreti e nel loro stesso impegno.

 

Il Gladiatore, 2000
Voto: 9
Per condividere questo articolo: