Un bellissimo film utile per rivivere un momento storico fin troppo dimenticato: Munich non presenta eroi, solo scelte difficili.
La questione palestinese è per le generazioni più giovani un problema di oppressione israeliana nei confronti di un popolo disperato. In realtà la questione è molto più complessa ed ha radici perse nel tempo. Film come Munich, che pur raccontando una storia da una sola campana riuscendo però a mantenere una certa imparzialità, sono utilissimi per rammentare eventi i cui effetti sono chiaramente visibili tutt’oggi.
Munich è la storia ispirata a fatti reali di una squadra di spie che, dopo la strage di atleti israeliani durante le Olimpiadi di Monaco del 1972, vengono impiegate per la vendetta e l’eliminazione dei mandanti dell’atto terroristico. Se ci si aspetta però di trovarci di fronte ad un film patinato o al classico film di spionaggio dei tempi moderni ci si sbaglia di grosso: Munich ha un piglio compassato, moderato, e nonostante i momenti di tensione non siano pochi non c’è mai un momento sopra le righe, spettacolarizzato o avulso dal racconto. Anche quanto messo per colpire lo spettatore è completamente funzionale e perfettamente integrato nella trama, con un risultato complessivo di altissimo livello.
La storia non è raccontata in modo epico o per esaltare l’una o l’altra parte: ci sono spesso riferimenti a situazioni spinose, nelle quali nessuno può definirsi “buono”, e tramite le quali si capisce chiaramente che individuare chi possa aver cominciato questa lotta è una domanda alla quale è impossibile rispondere. Insomma Munich non vuole puntare il dito o incensare qualcuno: racconta, in modo sensibilmente scevro da ideologie, determinati fatti storici.
Non stupisce che dietro quest’ottimo lavoro ci sia la mano di Steven Spielberg (infinita la lista dei suoi successi, tra i quali Duel, Incontri Ravvicinati Del Terzo Tipo, I Predatori Dell’Arca Perduta e gli altri film di Indiana Jones, E.T., L’Impero Del Sole, Always, Salvate Il Soldato Ryan, Minority Report, The Terminal, War Horse, The Post), regista eccellente e che raramente ha anche solo parzialmente mancato l’obiettivo di realizzare film di alto livello.
Il cast è decisamente all’altezza: il ruolo del protagonista è affidato a Eric Bana (Black Hawk Down, Hulk, Troy, Hanna, Lone Survior) che, pur avendo una sola espressione durante tutto il film, riesce a trasmettere molto bene le emozioni e le inquietudini del suo personaggio, che deve comunque per forza di cose rappresentare un agente del Mossad, quindi piuttosto impassibile ed ermetico. Accanto a lui troviamo elementi di buon livello della cinematografia internazionale: da Ciaran Hinds (Il Mistero Dell’Acqua, Al Vertice Della Tensione, Era Mio Padre, Amazing Grace, In Bruges, La Scomparsa Di Eleanor Rigby, Belfast) a Daniel Craig (Era Mio Padre, Casino Royale, La Bussola D’Oro, Skyfall, Cena Con Delitto) a Mathieu Kassovitz (L’Odio, Il Quinto Elemento, Il Favoloso Mondo Di Amelie, Birthday Girl, Valerian E La Città Dei Mille Pianeti), passando poi per Geoffrey Rush (Mystery Men, La Maledizione Della Prima Luna e gli altri film sui Pirati Dei Caraibi, Il Discorso Del Re), Michael Lonsdale (Il Giorno Dello Sciacallo, Moonraker, Momenti Di Gloria, Il Nome Della Rosa, Quel Che Resta Del Giorno, Ronin), Mathieu Amalric (Gran Budapest Hotel), Hanns Zischler, Ayelet Zurer e l’ottima Lynn Cohen (Misterioso Omicidio A Manhattan, Vanya Sulla 42esima Strada, Ho Sparato A Andy Warhol, Harry A Pezzi, Hunger Games) nei panni di Golda Meir.
Munich è un film solidissimo, che forse sconta il fatto di non voler essere roboante; per questo è magari caduto in un dimenticatoio che non merita. Anzi, questo tipo di film sono quelli che veramente dovrebbero essere visti come punti di riferimento della cinematografia, in grado di raccontare senza scegliere una parte, mostrando le due facce della stessa medaglia.