Il Prigioniero: la recensione

A parte il fatto che Italia 1 ha un rispetto degli orari televisivi tali che Gomez Addams ha orologi più puntuali, e che quindi videoregistrando col timer mi son dovuto sciroppare venti minuti di puttanate con la Gialappa’s Band e poi ho troncato il finale, devo dire che sono rimasto davvero impressionato da questa serie televisiva.

 

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Definirla visionaria è davvero il termine esatto: scenografie, costumi, inquadrature. Tutto ha perfettamente recepito la lezione delle avanguardie storiche: dalle scenografie surrealiste e futuriste ai costumi dada, alle inquadrature espressioniste, tutto mescolato nella migliore delle atmosfere fantascientifiche dei tardi anni ’60. Chi conosce il capolavoro di Terry Gilliam Brazil non potrà non vedervi una sicura anticipazione.

La trama è angosciante, orwelliana: il protagonista è un agente segreto inglese che ha dato le dimissioni; durante un viaggio in auto si trova proiettato in un mondo dove il controllo sugli individui, ridotti a numero, è totale. Egli stesso è rinominato “Numero 6”, e per quanti sforzi faccia, non riesce mai a scollarsi di dosso questa matricola.
Il Villaggio è un luogo dove la libertà degli abitanti è inesistente: tutto si svolge sotto la supervisione del Numero 2, a sua volta alla dipendenza del fantomatico Numero 1. Ma non si tratta di una dittatura spietata, bensì del più edulcorato e democretino mondo della media provincia inglese: pulitino, perbenino, salve salvino vicino. Gli abitanti, tutti oramai perfettamente assuefatti alle “procedure” del sistema sono ridotti a strumenti dei controllori o a burattini decerebrati.
Lo scopo di tutto questo è di carpire dalla mente dei prigionieri non meglio specificate informazioni.

 

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Il Numero 1 è onnipresente, mentre il suo secondo non è altro, a sua volta, che una marionetta, cambiata ad ogni episodio con un nuovo Numero 2. Il fatto che il Numero 2, che apparentemente dirige tutta la vita nel Villaggio, non sia che un uomo di paglia, soggetto esso stesso a complotti, assassini, arbitrarie sostituzioni e sparizioni nel nulla, non fa altro che rendere l’atmosfera ancora più tetra ed angosciante: se perfino il comandante in seconda è un giocattolo nelle mani del Numero 1, cosa mai potrà fare il Numero 6?

Numero 6, interpretato da Patrick McGoohan, si oppone con tutte le sue forze al rischio di essere inglobato, di subire il lavaggio del cervello, ma ogni suo tentativo finisce per essere frustrato dall’onnipresenza del controllo: nei tentativi di fuga o di ribellione spuntano fuori inquietanti sfere bianche (banali palloni, ma l’immaginazione sopperisce alla povertà dell’effetto speciale) che fungono da inesorabili guardiani (ricordate quel vecchio gioco del Commodore 64, Mission Impossibile? C’era anche là un personaggio fuggitivo che di tanto in tanto, nelle infinite camere del labirinto incontrava fantomatiche sfere dal contatto micidiale: chissà che non si siano ispirate a questo serial).

Il protagonista è così spinto a partecipare al gioco dei suoi controllori per cercare una crepa nel sistema da cui poter evadere, eppure finisce per essere coinvolto nei biechi ed oscuri disegni dei carcerieri: alterna britannico fair play con accessi d’ira, tentativi d’agire d’astuzia con furibondi scatti di violenza.

Ma ogni angolo di strada è monitorato, ogni persona è una spia del sistema, ogni anfratto nasconde microfoni e telecamere. Gli incontri amichevoli celano doppi giochi, e da una semplice tazza di the in compagnia si può finire bloccati su una sedia da interrogatorio, sottoposti a sofisticate tecniche di ipnosi e lavaggio del cervello. Le tecnologie a disposizione del Numero 1 sono inimmaginabilmente avanzate, ed invincibili.
Semplicemente terrificante.

La serie è costruita in diciassette episodi: il finale, che potrete trovare spoilerato su molti siti internet, lascia basito lo spettatore, e di sicuro siamo ai livelli di incomprensibilità di un 2001 Odissea Nello Spazio o di un Evangelion.
Decisamente era ora che in televisione si vedesse qualcosa degno di un ora di lettura perduta: peccato che, ovviamente, tocchi restare alzati fino all’una passata. Eggià, in prima serata devono fare Festivalbar…

Yatassarargnagnatapumratabumbumratabuuuuoooaooaooarg!

 

Il Prigioniero, 1967
Voto: 8
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