La caduta di Pantelleria

Dopo la presa dell’Africa Settentrionale, gli Alleati preparano l’invasione della Sicilia. Prima di raggiungerla però, è necessario occupare le isolette a sud.

 

 

La sconfitta delle forze italo-tedesche nelle lunghe e dispendiose campagne militari dell’Africa Settentrionale, non solo garantisce agli Alleati una presenza stabile e solida sulle coste meridionali del Mediterraneo, ma rende possibile un imminente sbarco sulle coste italiane, nel tentativo ormai prevedibile di risalire la penisola e far uscire l’Italia dalla guerra prima di concentrare tutte le forze contro la Germania nazista. L’attacco alla Fortezza Europa come spesso veniva definita l’area controllata dalle forze dell’Asse, doveva iniziare nel Luglio del 1943 con lo sbarco in Sicilia, ma ancor prima si rendeva necessario neutralizzare le piccole isolette poste al sud di essa. 

Occupare militarmente le tre isolette di Lampedusa, Linosa e Lampione, ma soprattutto la più grande e sicuramente la più difesa, Pantelleria, significa eliminare una potenziale fortezza nemica capace di infastidire le linee di comunicazione e i rifornimenti per la futura campagna siciliana. Pantelleria infatti ha, nell’estate del 1943, un porto e un aeroporto difesi da una nutrita guarnigione di circa 12.000 soldati italiani.

Le operazioni iniziano già dalla metà del mese di Maggio, con le prime ricognizioni aeree e la conquista del cielo sopra la zona interessata. La guarnigione italiana, ben riparata e in possesso di 21 batterie di tiro sparse sull’isola, rispondono con efficacia alle incursioni nemiche. E se le prime flotte aeree fotografavano l’isola e la posizione degli italiani, le nuove ondate iniziano a sganciare le prime bombe che, in poco più di un mese di bombardamenti intensivi e di notevole violenza, raggiungono un totale di 6000 tonnellate. Gli italiani non si arrendono e i bombardamenti non riescono a minare il morale delle truppe; dunque il tentativo di romperne le difese dall’alto e di provocare la resa dei difensori fallice miseramente. 

 

 

A inizio del mese di Giugno, anche le navi presenti nella zona di Pantelleria ricevono l’ordine di aprire il fuoco sulle postazioni italiane a difesa dell’isola. Quando nemmeno questo rinnovato attacco congiunto tra marina ed aviazione riesce a piegare la resistenza, l’Alto Comando Alleato approva i preparativi per un assalto anfibio in piena regola. La mattina dell’11 Giugno 1943, le truppe britanniche si imbarcano e vengono scortate fino alle spiagge di Pantelleria. Poco prima, un fuoco di sbarramento da parte della marina britannica apre il fuoco, così da garantire un passaggio sicuro ai mezzi anfibi. Quando la forza di invasione raggiunge la terraferma scopre con grande sorpresa che la guarnigione italiana si sta arrendendo senza combattere. 

Il Comandante della guarnigione, Gino Pavese, ha infatti richiesto l’autorizzazione per la resa direttamente a Roma, che a questo punto saggiamente acconsente, vista l’impari lotta e l’impossibilità dei quasi 12.000 italiani di resistere a lungo. A terra dunque non si combatte per la gioia di entrambi gli schieramenti, felici di non dover morire per pochi km quadrati di terra in mezzo al Mediterraneo. Il giorno seguente, le guarnigioni di Lampedusa e delle altre due isolette minori, anche esse sottoposte a intenso bombardamento, si arrendono senza troppe perdite.

La conquista di questo piccolo arcipelago tra Sicilia e Tunisia spiana del tutto la strada marittima per la Sicilia. La presa delle piccole guarnigioni e delle pericolose batterie poste a difesa, garantisce un passaggio sicuro per le migliaia di truppe e di mezzi che si stanno addestrando al più grande sbarco anfibio della guerra, almeno fino a quel momento. Le operazioni per la presa della Sicilia inizieranno un mese dopo, segnando nei fatti l’inizio della fine per l’Italia fascista e alleata di Hitler.

 

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