L’Italia in crisi: armistizio e guerra alla Germania

L’estate del 1943 porta l’Italia in una situazione critica. Gli Alleati in Sicilia forzano l’Armistizio che presto si trasforma in guerra aperta contro la Germania.

 

 

Lo sbarco delle truppe Alleate sulle coste della Sicilia nel Luglio del 1943 segna un punto di non ritorno nella storia dell’Italia come partecipante attivo nel secondo conflitto mondiale. La resistenza sull’isola viene spezzata in poche settimane e lo sbarco sull’Italia continentale si fa sempre più imminente.

I bombardamenti sulle città industriali del centro e del nord Italia, costanti nella loro violenza e nella scia di distruzione che lasciano, hanno messo la produzione bellica in primis, e poi quella civile, in ginocchio. La propaganda del governo fascista poi, non riesce più a contenere il caos e l’ostile sentimento che man mano pervade sempre più strati della società. La guerra non ha portato i benefici promessi, e anzi adesso si è costretti a combattere un nemico che ha già raggiunto e occupato parte della nazione. I memorabili e gloriosi discorsi del 1940 e 1941 sono adesso oggetto di scherno, sorgente di frustrazione e di dolore. In quest’ora buia per la nazione, nuove (e vecchie) entità politiche trovano il coraggio di uscire allo scoperto dopo vent’anni di clandestinità, da subito raccogliendo i consensi di quanti stanchi, delusi o contrari al ventennale governo mussoliniano.

 

 

Il morale è precipitato anche all’interno del Gran Consiglio del Fascismo che vede, solamente dopo lo sbarco in Sicilia, il momento giusto per mettere ai voti la deposizione di Benito Mussolini e il passaggio dei poteri del paese nelle mani di Badoglio che riesce sul finire di Luglio, a creare un governo ad interim, mantenendo però gran parte dei fascisti nelle posizioni chiave. L’alleato tedesco viene subito rassicurato: cambia il governo ma l’impegno delle armi continua al fianco di Berlino. Badoglio e la cerchia più vicina a lui, pensando di aver momentaneamente almeno scongiurato la furia del Reich, si dedica per tutto il mese di Agosto a trovare un valido accordo per l’armistizio con gli Alleati. I tedeschi aspettano però solamente l’ufficializzazione di questo prevedibile armistizio per scatenare l’Operazione Achse, ovvero la presa della penisola e la neutralizzazione delle forze italiane onde evitare che possano infoltire lo schieramento nemico.

L’8 Settembre arriva la fatidica comunicazione. L’Italia cessa le ostilità contro i vecchi nemici e rompe l’alleanza militare con la Germania hitlerista. Badoglio, il Re e la creme della “nuova” politica italiana abbandonano Roma e si rifugiano a Brindisi, lasciando la capitale e i soldati ivi presenti in balia dei battaglioni tedeschi che scendono dal centro-nord con rapidità. In concomitanza con l’annuncio dell’armistizio, gli Alleati tentano di sbarcare nel Golfo di Salerno, ben difeso dalle forze di Kesselring che aveva giustamente previsto il prossimo luogo per lo sbarco. La resistenza tedesca, dovuta anche a un’ottima preparazione e posizione, non permette alle forze Alleate di dilagare e tagliare fuori le divisioni nemiche in ritirata dal Sud Italia, ma anzi causa ingenti perdite e fa sì che la testa di ponte creatasi a Salerno sia esposta a pericolosi contrattacchi. I soldati italiani, in assenza di ordini specifici, o spesso del tutto confusionari, si dividono e tanti sono quelli che vengono catturati e deportati nei campi di prigionia tedeschi. Alcuni riescono a scappare verso il sud, e inquadrarsi nel nuovo regio esercito, mentre altri resistono eroicamente morendo con le armi in mano.

 

 

Quando Badoglio, in seguito alle pressioni dei nuovi alleati, dichiara ufficialmente guerra all’Asse il 13 Ottobre 1943, ha inizio il periodo più difficile per l’Italia e gli Italiani. La penisola diventa terreno di asprissimi combattimenti. Nel nord nasce la Repubblica Sociale Italiana, guidata da Mussolini ma di fatto un mero territorio fantoccio a disposizione di Hitler e del regime nazista. È l’inizio di una vera e propria guerra civile tra italiani, tra chi continua a sposare la causa mussoliniana, e chi non vuole averci più niente a che fare.

La lenta risalita della penisola da parte degli eserciti Alleati, infatti, causa la nascita di un vasto movimento di resistenza nelle zone non ancora liberate che continuamente riescono a sabotare le congiunte truppe repubblichine e tedesche, oltre ad offrire supporto diretto agli Alleati quando possibile.

 

 

Il paesaggio italiano si trasforma: i bellissimi villaggi diventano teatro di combattimenti casa per casa, lasciando visibili e dolorose cicatrici. I bombardamenti dal cielo e i colpi di artiglieria da una parte e dall’altra distruggono un patrimonio che non si può quantificare. È il prezzo da pagare, il tributo richiesto per la fine di una follia che dura da troppo tempo. La frustrazione militare dei soldati tedeschi spesso viene rilasciata e scaricata sulla popolazione civile italiana, traditrice ai loro sguardi. I numerosi e crudeli eccidi del centro-nord testimoniano la violenza dell’occupazione. Ancora peggiore e più disonorevole è l’appoggio dato dai soldati repubblichini che hanno sempre accompagnato, e alle volte guidato, queste vili azioni.

Si va avanti per 18 lunghi, lunghissimi mesi. Roma viene liberata solamente nell’estate del 1944. Le città del nord dovranno invece attendere la primavera successiva, l’ultima primavera di sangue.

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