Di fronte alla stupidità dell’Uomo non bastano le lezioni del passato: il rischio di una nuova catastrofe nucleare viene sistematicamente ignorato dall’inizio del conflitto ucraino.
Zaporizhia è un nome che abbiamo imparato a conoscere da questo inverno. Da quando, il giorno dell’invasione russa in Ucraina, un reparto scelto dell’esercito di Mosca si è introdotto nel mezzo del territorio ucraino prendendo il controllo della più grande centrale nucleare d’Europa, si è creata una situazione di estrema tensione continentale. Un eventuale esplosione di quei reattori porterebbe l’Europa occidentale, oltre che l’Ucraina così come la Russia stessa, ad essere irrimediabilmente contaminata con scenari ben peggiori di quanto avvenuto nel 1986 a Chernobyl.
La spietata follia russa l’abbiamo vista immediatamente, quando nei primi giorni dell’invasione un missile aveva colpito gli edifici adiacenti ai reattori, causando un incendio spento dai vigili del fuoco ucraini sui quali inizialmente i russi avevano aperto il fuoco, consentendo loro di intervenire solo quando la situazione sembrava poter andare fuori controllo.
La situazione intorno a Zaporizhia non si è mai stabilizzata, ma con il fronte caldo spostato ad est l’attenzione generale sulla situazione dell’impianto è calata. Ora qualcosa di grosso deve essere successo nella centrale, se improvvisamente sia russi che ucraini hanno chiesto sotto traccia l’intervento delle Nazioni Unite. È stata un’operazione diplomatica a doppia faccia, dove ufficialmente nessuno ha perso la faccia; ma nei fatti entrambi i contendenti stanno dichiarando una zona neutrale all’interno del sito nucleare. Se l’AIEA lascerà un presidio sul posto non è certo in seguito ad una decisione unilaterale dell’agenzia delle Nazioni Unite, ma perché vi sono accordi ben precisi coi russi, e questo significa che il rischio c’è, grande ed imminente.
Se da un lato possiamo tranquillizzarci, considerando che non è in atto un allarme di fughe radioattive (abbiamo visto anche numerose immagini di personale che si aggira all’esterno dei reattori senza particolari protezioni contro le radiazioni), è anche vero che l’impianto è stato compromesso e non è dato sapere come, nel dettaglio. Non sappiamo se la situazione è stabile all’interno degli edifici o se i tecnici stanno lavorando per scongiurare una catastrofe; è più probabile la prima opzione, ma non si può certo star tranquilli.
Così come non si può star tranquilli sul fatto che questa sia una soluzione definitiva e che la centrale rimanga zona inviolabile per tutta la durata del conflitto, perché Zaporizhia è un elemento strategico cardine nella strategia di guerra russa.
Gli invasori hanno tentato di staccare a più riprese la centrale dalla rete elettrica ucraina, salvo poi rendersi conto che questo avrebbe comportato una sua progressiva ed incontrollabile instabilità; il fallimento dell’operazione è un grosso smacco ed un problema strategico non indifferente per Mosca. Togliere dalla griglia energetica la centrale di Zaporizhia avrebbe significato lasciare senza corrente tutta la parte orientale dell’Ucraina, mettendo ancora di più in difficoltà i difensori (che agli occhi dei generali di Putin sarebbero dovuti cadere in un paio di giorni), con l’idea di poterla poi potenzialmente attaccare alla rete russa. Un piano astuto che però non aveva assolutamente fatto i conti con la realtà, esattamente come in molti aspetti dell’invasione attuata dai russi, rivelatasi fallimentare e trasformatasi in una guerra di attrito da quella che doveva essere un’operazione lampo.
Zaporizhia è una bomba ad orologeria nel cuore dell’Europa, un elemento di pericolosità mostruosa dove i russi hanno dato ennesima prova di spregiudicatezza e mancanza di responsabilità nei confronti del mondo intero, ma dove anche gli ucraini hanno qualche responsabilità (comprensibilmente non possono cedere senza combattere un sito strategico di tale importanza). La situazione deve necessariamente essere un campanello d’allarme anche per le politiche che l’Europa occidentale ha o vuole avere sul nucleare: nonostante la crisi energetica e la transizione alle energie rinnovabili, il nucleare non può essere una soluzione nemmeno temporanea; è qualcosa di estremamente pericoloso, come ha dimostrato anche l’incidente di Fukushima, e non può assolutamente essere preso in considerazione per sostituire gli idrocarburi.