I media francesi parlano di presunto razzismo e di abusi della polizia; ma sulle cause di fondo si continua a non voler porre l’attenzione.
In questi giorni la Francia sta subendo l’ennesima ondata di violenze e saccheggi; atti criminosi che avvengono in principal modo nei sobborghi abitati dalle classi più povere e dove sono stanziati gli immigrati. Si tratta di eventi che ormai ricorrentemente colpiscono questo Stato europeo (e non solo) e che denotano un problema chiaro legato alla multiculturalità imposta a forza dall’intellighenzia progressista.
Prima di tutto, atteniamoci ai fatti: il fulcro della vicenda è che Nahel, il diciassettenne alla guida di una Mercedes con targa polacca, dopo aver sfrecciato per la cittadina francese mettendo a repentaglio passanti e ciclisti, non si è fermato all’alt intimato ripetutamente dai motociclisti della polizia francese. Dopo essere riusciti a bloccarlo, il diciassettenne è ripartito. Di tutta risposta il poliziotto ha esploso dei colpi di pistola che lo hanno raggiunto, uccidendolo praticamente sul colpo.
Quindi il bravo ragazzo dipinto dai media francesi è un minorenne senza possesso di patente che alla guida di una vettura sportiva ha messo a repentaglio la vita di cittadini innocenti e che non si è fermato ai ripetuti ordini da parte dei poliziotti (la macchina infatti è stata raggiunta solo per motivi di traffico).
Si parla di razzismo e di violenza da parte della Polizia, quando in Francia vige uno stato di tensione continua dovuto alle continue aggressioni compiute da immigrati di prima, seconda e terza generazione verso i bianchi. C’è da chiedersi cosa sarebbe successo se i poliziotti fossero scesi col sorriso sulle labbra e se al posto di ragazzini non proprio puliti (Nahel era già stato fermato in passato per lo stesso motivo) ci fossero stati dei piccoli estremisti religiosi, magari armati.
Siamo di fronte a due criticità interconnesse e presenti in tutta Europa e negli USA; criticità colpevolmente o scientemente ignorate e che ormai stanno manifestando i loro irreversibili frutti.
La prima è che è in atto un completo stravolgimento dei valori fondamentali della società civile e che i fatti vengono riproposti appositamente per denigrare le istituzioni e giustificare chi invece commette reati e si comporta fuori dalle regole sociali. Non puntare il dito sull’inaccettabile condotta del ragazzo di origine araba è scandaloso e pericoloso; scandaloso proprio perché si legittima chi commette dei reati, e pericoloso perché si giustifica chi al danno aggiunge la beffa, come sta avvenendo in questi giorni in Francia (ma anche in Belgio).
Su questo si innesta uno strizzare l’occhio delle sinistre europee verso quei movimenti che sono soliti manifestare usando la violenza, o che semplicemente utilizzano ogni pretesto per effettuare scontri con la Polizia o danneggiare e saccheggiare negozi e quant’altro trovino sul loro passaggio. Di casi ne abbiamo innumerevoli, e spesso a delinquere sono ragazzi di famiglie borghesi che, come la storia ci insegna, hanno probabilmente una vita troppo agiata per ragionare sulle vere priorità della vita e su come comportarsi in un contesto sociale.
La seconda è che la teoria dell’integrazione e dell’accoglienza si sta dimostrando essere una fandonia, proprio come detto da più di un decennio da chi non si è appiattito sulle posizioni buoniste e stolidamente estremiste dei radical chic occidentali. Se le realtà francesi, inglesi, belghe, tedesche e italiane sono ovviamente diverse, nei fatti sono tutte assimilabili ad un percorso degenerativo progressivo: invece di gestire i flussi migratori, respingendo senza tante chiacchiere chi non ha diritto di arrivare sul suolo europeo, si è voluto far arrivare chiunque. Questo ha provocato l’arrivo di una massa di persone prive di lavoro e di mezzi di sostentamento, con culture e tradizioni diametralmente opposte a quelle degli europei e che ha creato tensioni che solo i ciechi dei salotti buoni non vedono.
La brusca sterzata politica verso le formazioni di destra che sta avvenendo in tutta Europa non è un caso: gli indigeni, gli europei di nascita e di tradizione, sono stanchi di dover scendere a patti con una situazione che non hanno voluto e sulla quale non sono stati interpellati. I continui incendi delle chiese francesi (Notre Dame è solo uno delle centinaia di casi degli ultimi anni), gli attacchi a sfondo religioso o culturale da parte di immigrati o dei loro figli, la microcriminalità della quale gli stranieri sono i principali artefici, sono atti concreti di un contrasto insanabile fra chi in Europa è nato e chi qui è arrivato con motivazioni delle più varie.
E gli scontri che stanno avvenendo in Francia ad opera di minorenni immigrati non sono diversi da quelli già accaduti in passato oltralpe; e non sono diversi da quelli che abbiamo visto in Inghilterra ad opera della popolazione nera nel 2011 o negli USA nel 1992 a Los Angeles e poi con il famigerato Black Lives Matter in tutto il Paese (anche qui, la “vittima” era un uomo dai numerosi precedenti penali che non si voleva far fermare dalla Polizia) nel 2020 e da allora praticamente ogni anno; e sono solo la degenerazione di quanto è già avvenuto anche in Italia.
Si può anche parlare, in casi specifici, di possibili eccessi di forza da parte della Polizia, ma la realtà è che fino a che in occidente non si riporterà la legalità al centro della vita sociale, con un vero contrasto a tutte le forme di immigrazione illegale, al possesso e uso di droga, alla continua delegittimazione nei confronti di istituzioni e forze dell’ordine, non ci sarà alcun passo avanti verso una pacifica convivenza civile. La soluzione non può essere quella chiesta dai progressisti e dagli immigrati: quella dell’abdicazione dello Stato, della dissoluzione delle leggi e della sottomissione senza condizioni della cultura tradizionale occidentale.