Il bavaglio della Cancel Culture

Cosa hanno in comune 007, gli Umpa Lumpa, Harry Potter, il David di Michelangelo e Via Col Vento? Sono diventati bersaglio di una morale distorta.

 

 

Cos’è la Cancel Culture? In italiano possiamo tradurla come la cultura della cancellazione o la cultura del boicottaggio. Fondamentalmente è quella forma moderna di ostracismo nella quale qualcuno, o qualcosa, diviene oggetto di indignate proteste che mirano ad estromettere o cancellare il fastidioso bersaglio.

Di esempi dell’azione della cultura della cancellazione ce ne sono tantissimi: uno degli ultimi è Casino Royale del povero 007 di Ian Fleming. Il libro in questione è del 1953 e compie proprio quest’anno settant’anni. È giusto voler ripubblicare un lavoro che ha alimentato il mito di 007 per decenni, ma per la Cancel Culture è arrivato il momento di ripulire le illeggibili pagine di quest’opera da termini razzisti come “negro”, “nero” ed “africano”. Termini che indubbiamente possono ferire l’animo sensibile di qualcuno, se detti con cattiveria; ma è giusto modificare un’opera vecchia di settant’anni per questo motivo? Credo proprio che Ian Fleming non avesse intenzione di discriminare nessuno con il suo lavoro, ma alla Cancel Culture non interessa.

In sé e per sé una parola non ha un proprio connotato positivo o negativo: è il contesto a determinarne lo stato di parola offensiva o meno. Oggi dire “negro” porta subito a pensare ad un’accezione negativa del termine, ma se cantiamo in coro I Watussi, la canzone di Edoardo Vianello, gli “altissimi negri” non sono per niente considerati in modo dispregiativo. Cercare di fare di tutta l’erba un fascio è ovviamente sbagliato ed indubbiamente controproducente; ma allora perché si combatte ferocemente per cancellare questi termini?

 

 

Di certo non è leggendo Casino Royale o cantando I Watussi che la gente impara ad usare in modo dispregiativo un termine come “negro”: le parole cambiano significato soprattutto a causa di odio ed ignoranza; ed è proprio grazie ad odio ed ignoranza che si diffondono nel mondo. Il termine in questione è nato, nella sua accezione più negativa, negli Stati sudisti durante il periodo dello schiavismo americano, ed era usato dai ricchi possidenti terrieri per riferirsi agli schiavi africani che venivano comprati e sfruttati per la raccolta di cotone, caffè e tabacco. Così è diventata una parola classista e dispregiativa, ma è pur sempre legata alla cultura americana.

Come ormai siamo abituati da decenni, tutto quello che esce dagli Stati Uniti influenza il resto del mondo, ed ecco che anche da noi “negro” è improvvisamente diventato un termine dispregiativo. Eppure il nostro “negro” non deriva dal “nigger” americano, ma dal più antico “nigrum” latino. L’intolleranza è figlia della stupidità e la stupidità dell’ignoranza, ma per capire tutto questo bisogna conoscere ed informarsi. È molto più facile puntare il dito, gridare forte e decidere di cancellare quello che di brutto è successo per poterlo dimenticare.

Ecco che diviene virale l’abbattimento delle statue di personaggi storici, anche di patrioti americani, che improvvisamente vengono accusati di schiavismo secondo questa nuova revisione storica che mira solo a distruggere indiscriminatamente senza riflettere. Se negli USA sono statue, in Europa la cesoia della censura ha provato a colpire ben oltre 007: basti pensare al povero Roald Dahl che ha rischiato di vedere i suoi Umpa Lumpa perdere il titolo di “nani” a favore di un più politicamente corretto “uomini di bassa statura”.

 

 

Eppure quei “nani” sono maestri cioccolatai, sapienti artigiani e artisti del dolciume come pochi altri sulla faccia di questa terra; una fantastica eccellenza che rischia di perdere uno dei suoi connotati semplicemente perché Dahl avrebbe deciso nel 1964, sapendo di far indignare migliaia di persone nel 2023, che gli Umpa Lumpa dovevano assolutamente essere “nani”. Anche in questo caso la Cancel Culture non si ferma a riflettere ed analizzare, né tantomeno a calare il lavoro nel contesto storico e temporale che gli appartiene. Tremo al solo pensiero del povero Gimli de Il Signore Degli Anelli che rischia costantemente di essere riclassificato come “persona diversamente alta”.

Estrapolare un lavoro dal proprio contesto storico presta il fianco a ovvi fraintendimenti, ma è proprio per questo che non si può lasciare il “cancellino” in mano a gente che non ha minimamente idea di quello che fa. Altrimenti si rischia di finire come Via Col Vento, film fondamentale nella cinematografia internazionale, che è stato rimosso da innumerevoli cataloghi solo perché raccontava una storia ambientata proprio in quell’America schiavista di cui si parlava prima. Eppure bisognerebbe vedere e ricordarci di questo film proprio perché Hattie McDaniel, un’attrice afroamericana, ha vinto per la prima volta il Premio Oscar interpretando il leggendario ruolo di Mami.

Cancellare la cultura, i lavori letterari, le opere d’arte, i film e la musica che ci è stata lasciata da chi ci precede è un obiettivo fondamentale per la Cancel Culture, ma perché? Semplicemente per imporre il proprio pensiero con estrema forza e violenza. Confrontarsi con gli altri è dannatamente difficile, quindi tanto vale cancellare quello che non piace e far sì che il mondo si allinei al volere di pochi. Il problema è che questo nucleo di pochi è così dannatamente determinato da aver raggiunto le posizioni che contano in una società che ha perso totalmente i propri punti di riferimento. Diventa così facilissimo convincere interi greggi di pecore/persone a muoversi per uno scopo che sembra nobile, ma che falcia indiscriminatamente tutto e tutti.

 

 

Ecco che nascono gli inquisitori del terzo millennio, che pur di imporre la propria visione del mondo, puntano a distruggere le voci dissonanti dal proprio pensiero e ad azzerare le differenze culturali tramite una censura che non pone distinzioni verso niente e nessuno. Ian Fleming e Roald Dahl sono solo due esempi presi a caso nel mare di indignate proteste anglosassoni che hanno iniziato a mettere nel mirino opere conosciutissime come Harry Potter o Il Signore Degli Anelli.

Questo non riguarda solo i grandi autori o le grandi opere: ogni settore, grande o piccolo che sia, viene colpito da malate follie discriminanti. Tanto per rimanere in Italia è risaputo il fatto che nel 2022 l’università milanese della Bicocca abbia cancellato il corso su Dostoevskij a seguito dello scoppio della guerra in Ucraina. Come se il povero autore russo morto nel 1881 avesse qualcosa a che fare con tutto quello che sta avvenendo nell’est Europa.

Imporre la censura su opere o scritti e bombardare mediaticamente personaggi di spicco sono solo le azioni più eclatanti che vengono perpetrate dalla Cancel Culture; andando però ad esaminare nel piccolo l’azione dei propri militanti possiamo osservare situazioni ben peggiori. Quando qualcuno diviene bersaglio da cancellare, il primissimo effetto è l’isolamento sociale generato ad arte con uno tsunami di commenti distruttivi, provenienti da tutte le parti, che fiaccherebbero anche il più tenace degli uomini.

Ovviamente tutto questo non si limita ad avere effetti solo sulla comunità in cui si vive, ma anche a livello famigliare, portando tensioni e litigi, ed infine a quello lavorativo. Spesso si arriva a costringere il malcapitato a dimettersi a causa delle forti pressioni messe in campo. Possibile? Questo è precisamente quello che è accaduto all’insegnante americana Hope Carrasquilla, che ha fatto vedere una foto del David di Michelangelo durante una lezione sul rinascimento.

 

 

Poco dopo sono insorte le proteste dei genitori che hanno tacciato l’opera del grande artista italiano di “pornografia” e hanno fatto così pressione che la povera insegnante è stata costretta a dimettersi e ad abbandonare la Classical School di Tallahassee, in Florida. Insomma, una vera e propria crociata volta solo a cancellare quello che viene reputato moralmente inaccettabile senza distinzioni né attenuanti di alcun tipo.

La Cancel Culture nasce dalla prepotenza e dal bisogno di aver ragione a qualunque costo, ma anche dall’ignoranza che ormai dilaga in modo inquietante nel mondo. Per capire a che livello di folle ignoranza si è giunti, si può ricordare la particolare protesta nei confronti del Museum of Classical Archaeology di Cambridge, reo di avere un’ampia collezione di copie in gesso di opere greche e romane. Cosa c’è di male? A detta di chi ha avanzato la feroce protesta, tutte le riproduzioni sono bianche e questo è altamente discriminante.

Ignoranza, prepotenza, paura e maldicenze sono tutti elementi che compongono la Cancel Culture, ma sono anche la spina dorsale del periodo più buio e bigotto dell’umanità: il Medioevo. L’umanità ha raggiunto la possibilità di esprimere e condividere informazioni ed opinioni tramite l’immensa rete informatica, è capace di arrivare in brevissimo tempo da un capo all’altro della terra e ha globalizzato la produzione di beni, ma si ritrova ad essere più povera culturalmente e socialmente del passato. Questo è un controsenso che ha dell’incredibile, ma che permette a gente con una morale distorta di poter prosperare e trovare adepti tramite un semplice click del mouse.

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