Offerta agli Dei o sollievo al termine di una giornata di lavoro, la birra accompagna l’uomo da sempre. Ne ripercorriamo origini ed evoluzioni.
La sperimentazione dell’uomo in ambito di bevande alcoliche è sempre esistita da che si sono apprese le più basilari tecniche agricole. Queste bevande nascono spontaneamente già dall’alba dei tempi in ogni angolo del mondo, con le più diverse tecniche impartite dalle specifiche condizioni e possibilità del territtorio.
Se c’è però un alcolico che accompagna l’uomo da sempre e che tutt’oggi è in continua evoluzione, questo è la birra. La sua scoperta, e la scoperta dei suoi particolari effetti inebrianti, è avvenuta in modo del tutto casuale: immergendo i cereali nell’acqua, al fine di conservarli lontano da animali o di ammorbirli dopo l’essicazione, si è notato il crearsi di fermentazioni spontanee.
Il luogo che per primo lega strettamente l’esperienza umana alla più amata bibita d’orzo è la Mesopotamia: è qui infatti che i sumeri facevano largo uso della bevanda, determinandone i primi processi e caratteristiche, già intorno al 7000-4000 a.C. Considerata un dono degli Dei, la birra ricopriva un ruolo fondamentale nell’alimentazione, al punto da essere definita “pane liquido”.
Viste le grandi quantità consumate, apparve per la prima volta il mestiere del birraio e venivano prodotti oltre venti stili di birra. La birra sumera era molto diversa rispetto a quella cui siamo abituati oggi: era molto densa, tanto da non poter essere semplicemente sorseggiata, ma succhiata con cannucce, anche per evitare il malto in superfice.
Il consumo della bevanda è largamente testimoniato sia da iscrizioni che illustrazioni, venendo citata nelle più note opere mesopotamiche come l’epopea di Gilgamesh.
Il successo della birra raggiunse anche altri popoli come gli egizi, che ne divennero grandi consumatori, tanto da soppiantare, nel pensiero comune, i sumeri come “creatori” della bevanda. La birra egizia, molto più liquida rispetto a quella sumera, si avvicinava certamente di più a quella che conosciamo oggi. La birra non veniva concepita come alcolico ma semplicemente come una bevanda altamente nutriente consumata in ogni circostanza da chiuque – donne e bambini compresi – e perfino usata come paga per i lavoratori. Molto più sicura da bere per motivi sanitari sostituiva del tutto l’acqua.
La birra era conosciuta anche nel resto del mediterraneo, ma erano in pochi ad apprezzarla: i greci ne ebbero esperienza grazie al commercio con gli egizi e alle testimonianze riportate nell’Anabasi di Senofonte ma, per il gusto forte, ne preferirono il vino.
I popoli italici, come gli etruschi, già la consumavano abbondantemente, mentre tra i romani si diffuse solo nelle fasce più povere e si continuò in larga parte a preferire sempre il vino. Oltre che per una questione di gusto e di cultura, la bevanda veniva disprezzata per il grande uso che ne facevano i popoli barbari e perché associata ad un uso femminile: vi era infatti la credenza – importata dell’Egitto – che la birra fosse d’aiuto alle donne incinte.
Vi sono però alcune eccezioni: molti personaggi illustri come Augusto, Nerone o Agricola sappiamo fossero grandi apprezzatori di birra, come molti patrizi che addirittura dotarono le loro ville di piccole brasserie private.
Il consumo e la conseguente diffusione della birra è stato dettato da fattori pratici oltre che gustativi: non è possibile coltivare la vite in aree troppo fredde, come quelle abitate dai popoli germanici, mentre la fermentazione del malto è meno indicata in climi caldi. Se in Italia, come in Francia, il consumo di vino è sempre stato superiore lo si deve anche a queste ragioni.
In Italia la caduta dell’Impero Romano segnò per lungo tempo la fine della produzione brassicola. Nel resto d’Europa invece la birra continuava a scorrere, amata principalmente dai germani che la diffusero nei paesi del nord-est europeo e dai celti che la esportarono in Inghilterra e Irlanda.
Nel medioevo la birra non era solo una bevanda molto nutriente accessibile alle classi più basse, ma per via delle malattie e delle contaminazioni delle acque, costituiva l’unica alternativa ad esse e poteva essere bevuta in sicurezza.
La birra è fin a questo momento ancora molto diversa da quella d’oggi: tra gli ingredienti non figurava il luppolo. Era infatti composta col gruit, ovvero una miscela di spezie, erbe e resine. Di birre luppolate se ne aveva testimonianza già nel IX secolo, ma ancora non se ne conoscevano le proprietà. È solo nel 1067, grazie alla badessa Hildegarda von Bingen, che se ne appresero le caratteristiche aromatiche, ma soprattutto conservanti, facendo sì che l’uso del luppolo si diffondesse a macchia d’olio. Per secoli birre gruit e birre luppolate si fronteggiarono finché in Baviera, nel 1516, il convincente editto sulla purezza (l’editto di Reinheitsgebot) stabilì che gli ingredienti dovevano essere unicamente: acqua, malto e luppolo. Pena la morte. In molti altri paesi questo editto venne imitato segnando di lì a poco la fine del gruit.
Fino al IX secolo il consumo di birra era considerato pagano e generalmente era malvisto dalla Chiesa, ma la tradizione brassicola e monastica sono legate da millenni. Come già detto, la birra era spesso l’unica alternativa sicura all’acqua in caso di epidemie. Per questa ragione le abbazie cominciarono a dedicarsi alla produzione di birra, così da approvvigionare le comunità locali. Inoltre, per molti monaci di stretta osservanza, come i cistercensi che nel periodo di Quaresima sono costretti al digiuno, la birra corrispondeva all’unica possibilità di sostentamento. Questi monaci, prevalentemente belgi e ben più noti con il nome di trappisti, sono al giorno d’oggi i produttori di alcune delle più rinomate birre al mondo, tra cui la Westvleteren, la Rochefort o la Chimay.
Come si sarà appreso la birra non è, e non è mai stata, la stessa: è il risultato di un esperimento continuo, frutto di ingegnosità, scoperte ed incidenti e ha continuato ad evolversi insieme al progresso della tecnica. In particolare, la miriade di piccoli cambiamenti introdotti durante la rivoluzione industriale ha permesso ai mastri birrai di affinare la produzione consentendo quel salto di qualità che l’ha resa come la conosciamo oggi.
L’uso del carbon fossile e dei termometri hanno consentito di regolare con precisione le cotture. Se ne avvantaggia, in particolare, il processo di maltatura dell’orzo, da cui nasce il malto chiaro “pale”, che prima era unicamente scuro e dal sapore affumicato se non bruciato.
La scoperta delle tecniche di raffreddamento ha permesso di distinguere la produzione tra birre a bassa fermentazione (lager) e ad alta fermentazione (ale).
Ultimo, ma non meno importante, un nuovo strumento, ovvero il densimentro, permette finalmente di controllare la percentuale alcolica del prodotto, costituendo un immancabile aiuto.
L’evoluzione industriale ha permesso nel ‘900 la costruzione di impianti di proporzioni prima inimmaginabili, consentendo produzioni a livelli mondiali. È questo forse l’aspetto meno interessante: la produzione di massa ha necessariamente abbassato la qualità e ha diffuso l’idea che la birra sia semplicemente una, mentre è una realtà molto più complessa e interessante sia per noi che per il palato.
Questa è in breve la storia della birra, un viaggio che lega uomini e terre di ogni cultura ed ogni tempo, ma non pensiate che finisca qui! L’avventura lungo il fiume della birra continua a scorrere grazie a centinaia di migliaia di piccoli birrifici artigianali e l’inventiva – quando non la follia – di coraggiosi mastri birrai che ogni giorno proseguono le sperimentazioni nei fumi delle camere di cottura, cercando sempre nuove vie del gusto.
Ogni anno che passa il mondo brassicolo artigianale è sempre più in “fermento”; cresce e vive grazie a noi amanti e consumatori. Non limitarti al prodotto commerciale, approfondisci, affina il gusto e supporta anche tu queste piccole identità. Fai sì che la storia possa continuare!