Siccità: la recensione

Possibile futuro molto prossimo o presente distopico? L’ultima fatica di Virzì ci lascia con l’amaro in bocca e annoiati.

In una Roma ormai climaticamente nordafricana, con il Tevere prosciugato che fa da onnipresente sfondo, si snodano e si intrecciano le storie di molti, troppi, personaggi. Gli intrecci sono forzati e i dialoghi poco briosi rispetto alle precedenti opere del regista toscano. La partecipazione della Archibugi alla sceneggiatura questa volta non sortisce buoni esiti. Un film di poco meno di un ora e quaranta che sembra ne duri il doppio.

Forse il ciclico cinico menefreghismo che contraddistingue alcuni protagonisti di questo e molti altri film nostrani post pandemia lascia l’amaro in bocca allo spettatore che non vuole identificarsi, giustamente, nella pochezza di quello che siamo diventati.

I personaggi di questo film infatti mostrano la realtà di quanto siamo peggiorati nelle ultime due decadi travolti da fatti più grossi di noi: la coppia Pandolfi/Marchioni, lei medico e lui avvocato, investe un pedone e praticamente se ne infischia; un attore disoccupato, social dipendente (Tommaso Ragno), e sua moglie sfinita che cerca l’amore altrove trascurano il figlio adolescente che si addentra in ambienti di estrema destra; un carcerato evaso per caso (Silvio Orlando) in cerca della figlia; la timida figlia di un ricco impresario con una coscienza sociale (Emanuela Fanelli); un Professorone di quelli che parlano sempre in televisione (Diego Ribon), inizialmente pieno di ideali ma poi inevitabilmente corrotto dalla visibilità, e dalla sempre bellissima Monica Bellucci praticamente nelle parte di se stessa; una coppia di borgata che aspetta un figlio e ha bisogno di lavorare (Sara Serraiocco e Gabriele Montesi); un irriconoscibile, non solo per il parrucco, Valerio Mastandrea autista di un simil Huber che soffre di allucinazioni visive; e un commerciante caduto in disgrazia che vive come un clochard (Max Tortora, sempre apprezzabile).

E non vogliamo nemmeno più ricordarci, o forse ne siamo talmente schifati che non vogliamo direttamente più saperne niente, della altrettanta pochezza della classe politica che ci circonda che quando c’è un problema grave, come può esserlo una siccità prolungata su Roma, invece di risolverlo ne parla fino allo sfinimento, grazie alle televisioni avide di audience, per dividere l’opinione pubblica. Dei problemi se ne parla, ci si infervora, si litiga ma mai che se ne risolva uno. Perché nell’era dell’apparire l’importante è stare sul pezzo e fingere di occuparsi delle questioni.

Sarebbero servite idee nuove e più coraggiose per far guadagnare al film la sufficienza: non basta più descrivere o “denunciare” pedissequamente gli ormai infiniti problemi della società italiana categorizzandola sempre. Da un regista come Virzì ci si aspetta di essere stupiti, non annoiati.

Siccità, 2022
Voto: 5
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