Silicon Valley Bank è la nuova Lehman Brothers?

Il fallimento della Silicon Valley Bank riporta alla mente quello di Lehman Brothers; il 2023 potrebbe riproporre gli eventi successi nel 2008.

 

 

 

Il recente fallimento della Silicon Valley Bank (SVB) lo scorso 9 marzo ha scosso i mercati, gettando gli investitori nello spettro della crisi del 2008, quando un’altra grande banca d’investimento, Lehman Brothers, dichiarò bancarotta scatenando una crisi sistemica che ebbe risvolti a livello mondiale. Il crac della SVB ha costretto l’intervento del Segretariato al Tesoro USA per evitare un eventuale contagio. Il presidente Biden ha rassicurato gli americani, ma rimane ancora da chiarire ufficialmente l’esposizione dell’Europa.

 

Come si è arrivati al crollo di Silicon Valley Bank che minaccia i listini di tutto il mondo?

La Silicon Valley Bank nasce nel 1983 a San Josè, in California, dall’idea di due ex manager della Bank of America, Bill Biggerstaff e Robert Medearis durante una partita di poker. Negli anni ‘80 la Silicon Valley Bank lavora con oltre 30mila aziende, apre filiali prima in California, a Palo Alto e Santa Clara, poi in Texas ad Austin, a Washington, a Seattle, quindi in Colorado, Virginia e Illinois. La SVB è stato l’istituto di credito di riferimento per le startup tecnologiche dell’area californiana.
Le attività e i depositi della banca erano quasi raddoppiati nel 2021, e la SVB ha investito queste somme in grandi quantità di titoli di Stato statunitensi e in altri titoli di debito sponsorizzati dallo stesso governo. Alla fine del 2022, la Silicon Valley Bank figurava tra le prime 20 banche degli Stati Uniti; tuttavia, di recente, la banca aveva dichiarato di aver perso quasi 2 miliardi di dollari per minusvalenze legate alla vendita di titoli obbligazionari, vendita resasi necessaria a seguito di un calo dei depositi superiore al previsto: la corsa al rialzo dei tassi della FED ha messo in crisi le startup tecnologiche e le società di venture capital, principali clienti della SVB, innescando un calo dei depositi più rapido del previsto. Poi, il 9 marzo, la corsa agli sportelli e l’annuncio da parte del CEO Greg Becker di un aumento di capitale da 2,25 miliardi di dollari. Un piano di salvataggio che evidentemente non ha funzionato, tanto che il successivo giovedì pomeriggio le azioni di Silicon Valley Bank crollano del 60% prima del fallimento ufficiale. Il timore di un effetto a catena è alimentato dal fallimento di altri due istituti bancari: la Silvergate Bank, conosciuta come “la banca delle criptovalute”, e la Signature Bank, specializzata in investimenti immobiliari. Insieme, queste tre banche detenevano depositi per circa 500 miliardi di dollari.

 

 

 

 

Perché la SVB non è una nuova Lehman

Il fallimento della SVB richiama alla mente il caso Lehman Brothers e la conseguente crisi del 15 settembre 2008. Il paragone è inevitabile se si pensa a SVB come il secondo più grande fallimento della storia per dimensioni dopo quello di Washington Mutual, nonché il primo dopo la crisi finanziaria del 2008. Le immagini del sequestro da parte delle autorità federali americane degli asset bancari davanti al quartiere federale della Silicon Valley Bank, a Santa Clara, hanno riportato alla mente le foto della processione di dipendenti della Lehman Brothers intenti a lasciare gli uffici della banca con gli scatoloni in mano, lungo la 7th Avenue. Lehmnan Brothers, che all’epoca contava 25.000 dipendenti in tutto il mondo, è stata la quarta banca d’affari più grande degli Stati Uniti, ed andando in bancarotta portò il mondo intero nella più grande crisi finanziaria dopo la Grande Depressione americana del 1929.
Ma perché il fallimento della SVB potrebbe essere diverso da quello di Lehman Brothers?

Innanzitutto in questo caso l’amministrazione Biden ha rassicurato gli investitori garantendo tutti i conti correnti della Silicon Valley Bank grazie al ricorso ad un fondo d’emergenza (il Deposit Insurance Fund). Nel caso della Lehman, fu lo stesso governo americano a lasciar fallire la banca, non potendo sostenere i costi di un salvataggio considerato all’epoca troppo dispendioso per l’economia americana. Inoltre, ad oggi, le grandi banche versano in condizioni migliori rispetto al 2008 grazie alla regolamentazione introdotta a valle della crisi Lehman e ai nuovi limiti relativi alle riserve di capitale liquido, limiti entrati in vigore al fine di imporre agli istituti bancari di disporre di un certo ammontare di riserve per eventuali momenti di crisi. In aggiunta, sono state introdotte nuove clausole che prevedono, per le banche, una certa diversificazione dei loro business.

 

Il crac Lehman Brothers è divenuto il triste simbolo degli eccessi della finanza che portarono alla crisi finanziaria del 2008 prima negli USA e poi nel mondo intero. La crisi della SVB è invece dettata da fattori storici e politici diversi, primo tra tutti la guerra in Ucraina che ha costretto le banche centrali ad alzare costantemente i tassi di interesse, mettendo in difficoltà le banche nell’erogazione del credito. Inoltre, ad oggi l’esposizione dell’Europa alle banche americane sembrerebbe nettamente minore, proprio alla luce della crisi del 2008. Va anche aggiunto, però, che la regolamentazione varata dopo il 2008 sui capitali non è, da qualche tempo, più uguale per tutti gli Stati americani per volere dell’ex presidente Donald Trump, appoggiato, all’epoca, proprio dal CEO di Silicon Valley Bank (SVB), Greg Becker. Nel 2018 infatti, l’amministrazione Trump firmò una proposta di legge intesa a ridurre i controlli delle autorità su molte banche regionali.

A questo punto, varrebbe la pena chiedersi quanto effettivamente sia l’Europa che l’America abbiano imparato dalla crisi mondiale del 2008.

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