Michael Burnham e la sua Discovery dove e quando saranno arrivati?
Questa serie Star Trek è incentrata sulle vicende della USS Discovery, una nave sperimentale che monta un motore innovativo a micelio (si, proprio così, sono funghi), e del suo equipaggio. Il personaggio più di spicco della serie è sicuramente il capitano Michael Burnham, sorella umana del mitico Spock. “Spazio, ultima frontiera…“: è la linea conduttiva di tutte le serie Star Trek, ma in questa ultima saga gli autori si sono impegnati notevolmente per migliorare l’azione e rendere più vitale e divertente questo prodotto.
La fine della precedente stagione (Star Trek Discovery – Stagione 2) ci ha lasciato in sospeso con un salto nel buio: Burnham e la Discovery si sono lanciati in un wormhole per salvare l’universo dalla minaccia di un’intelligenza artificiale che voleva annientare ogni forma di vita con l’aiuto dei dati raccolti durante le missioni del nostro equipaggio; l’unico modo per evitare la catastrofica fine di tutto era quello di dislocare temporalmente la Discovery, ed il suo prezioso bagaglio d’informazioni, in un momento temporale in cui sarebbero stati al sicuro. Come ho detto nella precedente recensione di Star Trek: Discovery ho timore delle manipolazioni temporali perché il più delle volte sono pensate davvero male, ma in questo caso gli autori sono riusciti a gestire le conseguenze del salto temporale nel migliore dei modi, mantenendo credibile gli eventi narrati nelle precedenti serie di Star Trek. Buttarsi nel futuro per evitare di dover stravolgere le storie già raccontate è stata una bella paraculata, ma per una volta sono favorevolmente colpito dalla semplice pensata che hanno avuto gli autori.
L’arrivo di Burnham nel futuro è piuttosto burrascoso: con indosso solo la sua tuta temporale, la nostra protagonista si scontra con un’astronave di passaggio mentre emerge dal wormhole e così precipita su un pianeta sconosciuto. La Discovery non è dietro di lei, ma quando si gioca con i viaggi nel tempo è plausibile che i secondi si trasformino in minuti, i minuti in ore e così via… Ora Burnham è sola nel 3188 e deve provare a contattare la Federazione dei Pianeti Uniti ma, con sua grande sorpresa, la Federazione sembra essere sparita a causa di un evento catastrofico avvenuto poco più di cento anni prima del suo arrivo nel futuro. Burnham deve quindi provare a sopravvivere in un universo sconosciuto aspettando pazientemente che la Discovery faccia la sua comparsa.
Belle premesse per una nuova stagione all’insegna della discontinuità. Le serie di Star Trek sono sempre state molto attaccate al filo conduttore dell’esplorazione e della scoperta, cosa che non manca neanche in Discovery, ma in questo lavoro troviamo anche azione ed attenti colpi di scena che non ti aspetti; una piacevole novità che, per quanto mi riguarda, posiziona Star Trek: Discovery quasi allo stesso livello della mitica serie Star Trek: Enterprise, che ha avuto il merito di aver rigenerato le dinamiche un po’ stantie delle vecchie saghe e di aver avvicinato nuovi fan al prodotto.
Michael Burnham, interpretata da Sonequa Martin-Green, è ovviamente il perno centrale di tutta la stagione. Mi sono reso conto che quest’anno l’attrice americana si ritrova a dover gestire una dualità nel suo personaggio: nelle precedenti stagioni Sonequa era impegnata pienamente nel rappresentare quell’intrepido, fiero ed impostato mezzo vulcaniano del Capitano Burnham; in questa stagione invece assapora la possibilità di ridere di cuore, cambia pettinatura e si sente più a suo agio a fare l’umana ribelle, e così, quando è costretta a fare il Capitano vulcaniano Burnham, improvvisamente si ritrova ad avere dei problemi interpretativi, come se qualcuno le avesse infilato una scopa su per il sedere. Giustamente il personaggio sta cambiando e si deve percepire il fastidio di dover frenare la nuova e ribelle Michael Burnham, ma questo non riesce particolarmente bene a Sonequa che è chiaramente già predisposta ad interpretare la nuova versione del suo personaggio.
Arrivano nuovi personaggi a cui dobbiamo lasciare un po’ di spazio per presentarsi a dovere; contemporaneamente cominciano a prendere forma le storie che porteranno alcuni protagonisti al di fuori del progetto. Il problema è che queste storie prendono tempo per essere raccontate per bene e stringono lo spazio per la trama principale che si riduce quasi ad un semplice rumore di fondo fino alle ultime puntate; in questo modo la serie mi è sembra meno efficace e più dispersiva. Forse è solo una mia impressione, ma noto una tendenza preoccupante a tornare verso quelle trame stantie da cui la Discovery si era affrancata. Il finale è praticamente un nuovo inizio, una tavola bianca tutta da costruire e questo mi preoccupa un po’ in vista della prossima stagione.
Concludendo, la stagione si mantiene su un buon livello; buono l’inserimento di nuovi personaggi ancora da scoprire del tutto, ma meno bene le trame che sembrano perdere leggermente di efficacia rispetto alle serie precedenti. Infine è altalenante il giudizio su Sonequa, l’attrice protagonista, che ha mollato l’interpretazione del suo personaggio composto e compassato per uno più emotivo. Il finale apre ad un nuovo inizio in cui tutto può succedere, e la stessa serie sembra avviata verso una quarta stagione forse più in linea con la tradizione di Star Trek.