Generalmente i film di Natale sono bruttini ma questo è proprio un incidente grave che travolge attori e spettatori in un conato di Baci Perugina.
Le festività possono piacere o no: c’è chi attende questo periodo dell’anno per lasciare a briglie sciolte i cavalli della fantasia e per recuperare, almeno per qualche giorno, il proprio lato infantile; c’è invece chi a stento boccheggia nella melassa della retorica delle luci colorate e della neve candida che copre ogni possibile nefandezza. A prescindere dalla posizione che avete voi su questo tema, il film diretto da Mary Lambert va oltre la dicotomia: è semplicemente e oggettivamente imbarazzante per tutti.
Un’accozzaglia di luoghi comuni, passaggi impossibili di trama e scelte registiche da primo anno di scuola del cinema che lascia senza fiato il pubblico di Netflix (lo trovate là ma non andate a cercarlo). Guarderete questo schifo desiderando ardentemente di fare sesso col Grinch.
Eccovi spiegata la storia… se si può definire tale. Due amiche di vecchia data restano in contatto solo attraverso un’annuale cartolina di Natale in cui una delle due racconta all’altra (mezza fallita) di una vita di incredibili successi e di amore sconfinato col marito e con i figli. Ovviamente l’invidia è dietro l’angolo e si concretizza quando, con un espediente narrativo così improbabile che non merita neanche di essere citato, le due ragazze (con relative famiglie) si ritrovano a dover forzatamente passare insieme il 25 dicembre. Aleggia un’aria comica alla Ti Presento I Miei, ma senza la forza espressiva di Ben Stiller e senza i suoi sceneggiatori. Si vorrebbero creare continue situazioni limite in grado di strappare un sorriso ma l’unica voglia che vien fuori durante questo lungometraggio è quella di strappare il contratto della regista.
Eppure il cast avrebbe anche senso: C’è l’iconico Jason Biggs di American Pie (mica Giggi Er Bullo!), appesantito però nella recitazione e nel giro vita, e c’è la bomba sexy Heather Graham, che aveva fatto impazzire tutti in Lost In Space e sganasciare un’intera generazione in Austin Powers. Purtroppo “tempus fugit” e così la sua carnale bellezza ha ceduto il passo ad una fabbrica di caucciù ed ora il suo sguardo è vero come un concerto il 31 febbraio. Poteva anche essere una buona intuizione inserire come antagonista/amica la cantante r&b Brandy ma avrebbe dovuto almeno saper recitare come un bambino di quinta elementare e invece, con lei, siamo lontani anni luce dalla recita della materna. Quando canta si sente che è una professionista, ma il contrasto è così forte che si finisce di sperare che non smetta mai di gorgheggiare.
L’unico momento degno di nota di questa zuccherosa pellicola di Natale è il grande colpo di scena, che non possiamo svelare, e che convince il mal capitato spettatore a non cercare la casa di produzione di questo film con un fucile a pompa in braccio in stile Doom.
Ci sono cacatelle di piccione un po’ ovunque nella trama: gente che cade da una mongolfiera esattamente sul cuscino di una slitta; pupazzi che da mille metri d’altezza finiscono esattamente nelle braccia del bambino che li voleva; un’intera città di personaggi completamente priva di una propria personalità messa là solo per giustificare un presepe vivente al limite del blasfemo.
Quello che fa meritare definitivamente il 4 sonoro come voto per quello che si appresta a diventare il peggior film di Natale di sempre (attenzione quando scegliete i titoli dei film), però, è il finale. Perché? Perché non c’è! Sì, avete letto bene… non c’è. La sapiente regista tronca tutto di botto, senza un senso, e manda i titoli di coda tra noce e capocollo un po’ come se uno chef sotto crack rovesciasse una pallina di gelato sugli spaghetti alla bottarga.
La sensazione è che questo titolo diventerà un culto… tra i film di Halloween!