Strappare Lungo I Bordi: la recensione

Spesso, quando qualcosa va di moda, fa schifo. Spesso ma non sempre. L’Italia s’è accorta di Zerocalcare e sta per cambiare tutto.

 

Strappare lungo i bordi

 

Strappare Lungo I Bordi è il titolo della serie che il fumettista romano ha lanciato su Netflix e, di base, è la sua consacrazione mainstream. Il suo nome, infatti, era già ampiamente conosciuto dai fumettisti incalliti e dai tanti spettatori di Propaganda Live ma ora nessuno potrà far finta di non conoscerlo. Merito di una poesia urbana semplice e diretta che acchiappa in pieno una generazione (i trenta/quarantenni di oggi) e che piace anche ai più piccoli. Ma di cosa parla questa serie animata?

È la storia di un ragazzo che non riesce a seguire un percorso di vita predeterminato come fanno molti suoi coetanei e che, per questo, finisce vittima delle sue frustrazioni. È la storia di Zerocalcare ma è pure la mia, la tua e quella di mille altri giovani uomini che sono nel letame fino al collo tra mezzi lavori, mezze storie d’amore e mezze case da gestire senza la mamma chioccia (sempre il personaggio più bello!) che ti aiuti.

La cosmogonia è quella classica delle sue tavole, con Secco che troneggia su tutti nella sua indifferenza spaziale tra un sannamoapijangelato e un devigiocàavideopoker. Alice è il vero personaggio sfaccettato del lavoro perché è uno dei pochi che si evolve nell’intreccio e che regala (no spoiler) un finale davvero inatteso. Il mio preferito, ma sono gusti, è la lucertolina nazista che ben racchiude certa pochezza di Roma Nord e zone limitrofe. Ma la vera protagonista è una e una sola.

 

Strappare lungo i bordi

 

Rebibbia, nel suo splendido ed ostinato squallore, è la regina della serie… con palazzoni inquietanti sullo sfondo, punk in stile Ken Shiro che scorrazzano in moto e una mastodontica geniale scritta sul muro: “Amare le femmine è da froci”. Ed è qua che emerge un talento inaspettato del disegnatore: pure come regista spacca. Il modo in cui inquadra il suo quartiere, come lo sfuma tra foglie che svolazzano in cielo e una cartaccia che rotola per terra, lascia sperare che questo ragazzo possa dare tanto al paese anche da dietro la macchina da presa.

Le musiche quasi flat con la voce sciancata di Giancane e lo stile essenziale delle illustrazioni confezionano questa produzione Netflix come il vero prodotto naif dell’anno. Qualche giornalista con 1 k di intelligenza ha sostenuto che si tratti della vittoria del capitalismo sui centri sociali. Io credo che sia l’occupazione dei centri sociali dell’ultimo baluardo della destra, e cioè i televisori. Se anche davanti ad uno schermo siamo costretti a usare il cervello, è tutto finito per gli amanti dell’intrattenimento scoppi e culi.

Perché è questo il diamante al centro del cuore della serie di Zerocalcare: si ride (tanto) ma ci si emoziona (di più). È un risultato immenso se lo paragonate alla serie di Verdone (Vita da Carlo), quasi pubblicata in parallelo, dove invece non c’è nulla di profondo e la banalità regna sovrana. Un neo in questo lavoro c’è?

Sì, dura poco più di due ore complessive e questo è davvero un minutaggio misero per un’opera così innovativa. Meritavamo di più e lo pretendiamo nel futuro (assai) prossimo. Perché ci vuole un seguito ora che abbiamo scoperto che alcuni scienziati della comunicazione del nord non capiscono il dialetto romano (!). Ma vedete de annà…

Strappare Lungo I Bordi, 2021

Voto: 9

 

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