The Wilds: la recensione

Ma il 2020 non era già stato abbastanza orribile così? C’era bisogno di un altro teen-drama in un’isola deserta? Io, nel mio piccolo, mi sono innervosito non poco.

 

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Ti prego, Zemeckis, perdona l’affronto al tuo Cast Away e non far vedere The Wilds a Tom Hanks o la sua ira funesta sarà peggio di quella del pelide Achille.

Prendi un gruppetto di squinzie differenziate per colore di pelle, grandezza delle tette e lunghezza delle gambe, e svestile in una spiaggia sperduta nell’oceano (ci avevano già pensato le Destiny’s Child). Infarcisci tutto con un mega-complottone leggasi ricerca sociale leggasi delirio d’onnipotenza di una povera pazza prossima alla menopausa e il polpettone è servito. Solitamente la qualità delle serie tv di Amazon Prime è alta (molto al di sopra dei rivali) ma qua ai piani alti devono aver battuto la testa. E forte. Commozione cerebrale o no, questa prima stagione (sì, ce ne saranno altre!) è un calcio su un naso già rotto. Male, male, male… a tratti insopportabile.

The Wilds è stata ideata da Sarah Streicher e prodotta da Amy B. Harris e nasce con l’idea di colonizzare il segmento di mercato “giovani adulti” che è quella fetta di persone grandicelle che vogliono ancora stare nel mondo dei pupi (o, meglio, delle pupe). La trama è semplice: iscritte (volontariamente o meno) ad un ritiro spirituale per sole ragazze, le adolescenti d’America viaggiano su un aereo privato che improvvisamente precipita in mare. Per Leah, Martha, Dot, Rachel, Nora, Shelby, Fatim e Toni inizia l’impellenza di fare gruppo per riuscire a sopravvivere in mezzo alla natura selvaggia. Alle spalle dell’incidente, però, gli astuti autori (che immagino essere come quelli di Boris) inseriscono un esperimento sociale che coinvolge tutte loro, in un modo o nell’altro.

 

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L’unica nota positiva di questo prodotto deja-vu è l’idea narrativa di dedicare una puntata a ragazza in stile quasi monografico, almeno ognuno si sceglie la sua attrice preferita ed evita di perdere tempo con le altre. Il problema però è la stereotipizzazione dei personaggi: c’è la nera atleta che sacrifica tutto pur di vincere ancora, la sorella gemella annientata dalla sua celebrità, la biondina tutta religione e verginità, il maschiaccio che si occupa del padre in fin di vita, la ragazza gay col passato burrascoso, la studentessa colta ma incasinata in una relazione con uno scrittore adulto e l’immancabile ninfetta dell’amore interessata solo a copulare con chiunque. Nulla di nuovo sotto al sole, seppur cocente.

Quello che affossa del tutto questo prodotto è l’aspetto tecnico. A volte una scrittura debole è salvata da regie funamboliche e fotografia eccelsa, ma qua si latita anche sotto quest’aspetto: ogni inquadratura è esattamente come la farebbe un ragazzo al primo anno di scuola del cinema (ancora la telecamera a filo onda? Ancoooraaa?) e le immagini sono fredde e desaturate all’inverosimile. Vuoi fare qualcosa di veritiero e poi patini come una copertina di Vogue? Però invece il finale… fa schifo! Scusate se vi ho illuso anche solo per un attimo, ma i pochi dubbi che le 9 puntate precedenti possono avervi instillato non vengono fugati nell’episodio finale che è pure più lungo. Diciamo che tutto è apparecchiato per sedersi a tavola almeno per una seconda stagione, ma il prossimo pasto io lo salto.

Digiuno perché questo è cibo spazzatura artistico e con l’anno nuovo, tra i tanti buoni propositi, ho deciso di migliorare la mia dieta multimediale.
Ma è colpa mia se non mi sono accorto subito dell’inganno. Provate a tradurre The Wilds ed avrete “Le selvagge”, un titolo degno dei cinepattoni dei Vanzina. Solo che qua non ci sono Boldi e De Sica e le scene di nudo sono bandite. Mai più.

The Wilds, 2020
Voto: 5
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