Caporetto 1917: La Battaglia

Alle 2 del mattino del 24 Ottobre 1917 ha inizio ufficialmente la battaglia che respingerà gli italiani dalle loro posizioni conquistate in due anni di fatiche e sacrifici, costringendoli a una ritirata di 150 km, fino al fiume Piave.

 

20201202 Caporetto 01

 

Abbiamo visto nel precedente articolo quali sono stati gli antefatti e le mancanze che hanno infuenzato la battaglia di Caporetto. Ora che l’assalto austriaco è partito, è tardi per rimediare.

I soldati non hanno nemmeno il tempo di addormentarsi, e coloro a cui è toccato il turno notturno di guardia scrutano nel buio silenzioso, allarmati dalle notizie arrivate al fronte nei giorni precedenti. Questa maledetta guerra dura da troppo tempo e troppo poco è stato conquistato. L’aquila imperiale che doveva cadere fragorosamente con l’intervento italiano resiste, pur attaccata da più parti e in preda ai morsi della fame. Tutti si aspettano un ultimo disperato tentativo di rovesciare le sorti di un destino che sembra ormai ben tracciato, perché si sa, l’animale ferito è quello più pericoloso. Ma nessuno quella notte ne immagina la portata e le conseguenze. La nuova alba avrebbe fatto luce, portando l’oscurità nel cuore di molti italiani.

Alle 2 del mattino l’artiglieria austro-tedesca apre le danze, continuando a bombardare le seconde linee italiane fino al mattino. Alle prime linee viene invece riservata un’arma forse ancora più micidiale: un nuovo tipo di gas, sconosciuto e non filtrato dalle maschere in dotazione alle truppe. Nella conca di Plezzo, l’87° Reggimento della Brigata Friuli viene quasi integralmente sterminato con l’acido cianidrico. Alle prime luci dell’alba, le divisioni nemiche escono dalle trincee organizzate in 5 punte d’attacco, ognuna con diversi obiettivi, precedentemente assegnati loro dagli alti comandi. La reazione italiana è inefficace, le postazioni di artiglieria sono silenziose per via della fitta nebbia.

 

20201202 Caporetto 2

 

Alla metà del giorno, il settore nord, pur cedendo alcuni punti importanti come il Monte Rosso e qualche chilometro di valle, resiste in maniera disperata ancora per qualche ora. Al centro si ha la congiunzione delle forze austriache e tedesche in posizioni avanzate, ma alle spalle, gli italiani accerchiati e lasciati indietro grazie alla manovra a tenaglia nemica, resistono sul Monte Nero. Sicuramente il settore più problematico è quello sud, dove le azioni della 12° Divisione Slesiana portano velocemente a una piccola catastrofe, riuscendo a imboccare la valle dell’Isonzo puntando direttamente verso Caporetto e aprendo un’importante falla nella difesa italiana. In tarda serata, avendo preso il tristemente famoso villaggio, puntano verso la Val Natisone che conduce a Udine e Cividale. Alle 22.30 si fermano a Robic, dopo un’avanzata di 28 km.

 

20201202 Caporetto 3

 

Il rapido movimento delle truppe tedesche mette in seria difficoltà il IV° Corpo d’Armata italiano, che non sapendo reagire con forza e rapidità, finisce per ordinare una prima ritirata nel tentativo di scongiurare l’accerchiamento. Un pericolosissimo scollamento tra i vari reparti avviene in questo settore, con il nemico incuneato e lanciato avanti oltre le prime linee. Prima della pausa notturna, in altri settori si verificano sfondamenti e aggiramenti che lasciano gli italiani alle spalle della linea del fronte. Le truppe di Krauss che avevano preso il Monte Rosso e si erano fermate a Krn riescono a ricongiungersi oltre il dispositivo italiano, con le truppe di Stein arrivate da Tolmino.

 

20201202 Caporetto 4

 

Lo sfondamento è riuscito. Cinque divisioni italiane sono andate perse, gli uomini uccisi o fatti prigionieri. All’alba riprendono le operazioni, con gli austro-tedeschi che tentano di sfruttare il successo e il panico causato. Le divisioni arrivate a tamponare la falla creata dai rapidi movimenti delle truppe tedesche, la 62° e la 3°, cedono e vengono sbaragliate velocemente. Il Monte Nero viene finalmente catturato, mentre lo Stol viene abbandonato per ordine degli stessi comandanti italiani. Sul finire della seconda giornata, il nemico si è assicurato le principali vette e cardini di resistenza italiani, nonché l’accesso alle vallate più importanti. Cadorna ordina la ripiegata di tre divisioni italiane lasciate sulla Bainsizza, dando il primo segnale di ritirata.

 

20201202 Caporetto 5

 

In un primo momento, Cadorna ordina a tutte le truppe di ritirarsi su una nuova linea di difesa tra il Montemaggiore e i pressi di Gorizia, ma appresa l’entità reale del danno con l’immediata caduta del Montemaggiore nella giornata del 26 Ottobre, ordina nella notte successiva alla 2° e 3° Armata la ritirata generale. Un milione e mezzo di soldati italiani si riversano in pianura, incalzati da un milione di austriaci e tedeschi che cercano di catturarne o ucciderne il più possibile. Il comando italiano riesce appena in tempo a spostarsi da Udine a Padova mentre tutto il Friuli cade sotto occupazione. Le truppe italiane, almeno quelle che non si sono completamente sbandate e mantengono una certa disciplina, riescono solamente a compiere alcune manovre di rallentamento per dar tempo alle divisioni di arretrare. Il materiale bellico pesante viene lasciato sul posto, i magazzini pieni di ogni bene vengono bruciati nel tentativo di lasciare il meno possibile in mano austriaca. Si corre verso l’interno del Paese, 150 km all’impazzata, finchè non si raggiunge il Piave. E lì ci si ferma. Oltre non è consentito andare, il nemico non deve passare.

E non passerà.

Per condividere questo articolo: