Echo: la recensione

La miniserie parte con ottime premesse e colleziona due apparizioni di altissimo livello; sul più bello però decide di virare verso un finale abbastanza scontato.

 

 

Echo è al contempo una miniserie Marvel ed un vero e proprio tributo alla popolazione dei nativi americani dell’Oklahoma; due cose che trovano un facile incastro in un lavoro che parte con delle buone basi e purtroppo finisce per sprecare il lavoro fatto. Il cameo di Daredevil e la presenza importante di Kingpin non bastano per alzare il livello di questo racconto, ma servono fondamentalmente ad attirare l’attenzione dello spettatore che non aspetta altro di poter vedere il “diavolo rosso” tornare a combattere nella sua Hell’s Kitchen.

La prima puntata inizia richiamando il finale della serie Hawkeye, proprio con quella scena post credit in cui Echo spara nell’occhio a Wilson Fisk. Passano dei mesi e la nostra protagonista Maya Lopez si ripresenta a casa sua nel paesino di Tamaha per sferrare un nuovo duro colpo all’agonizzante impresa criminale di Kingpin. Da questo momento in poi inizieranno una serie di eventi che porteranno ad un inevitabile scontro nel piccolo paesino dell’Oklahoma.

La serie però non si limita a giocare con qualche personaggio della Marvel, ma si adopera per far conoscere quelli che sono i fortissimi legami dei nativi americani con la terra e soprattutto con i loro antenati. Tutto è giocato intorno al concetto Choctaw di famiglia che è molto più vasto ed ingombrante della definizione che possiamo avere in mente: esso percorre migliaia di anni e si riverbera come un eco nelle generazioni presenti fino a concedere il potere necessario a proteggere la famiglia stessa. Un forte legame che viene spiegato perfettamente rubando piccoli spezzoni di puntata per raccontare storie e leggende passate.

 

 

Allo stesso tempo la narrazione deve per forza presentare il rapporto che lega Maya Lopez a Wilson Fisk; quel rapporto malato che l’ha influenzata fin da bambina e che ha reso lei una spietata macchina criminale e lui un orgoglioso Zio adottivo. Un legame che si è spezzato, ma che ha comunque caratterizzato ed influenzato praticamente tutta la vita della nostra protagonista. Riuscirà quindi Echo a liberarsi da un passato scomodo per riabbracciarne uno più spiritualmente profondo? Sinceramente la domanda sembra alquanto scontata tanto quanto la conclusione di questa miniserie.

Eppure si era fatto un ottimo lavoro per preparare caratterialmente il personaggio di Maya Lopez che non solo è Choctaw, ma è anche sorda e senza parte di una gamba. Alaqua Cox, che interpreta non senza una certa fatica la nostra protagonista, deve provare a farsi capire tramite molteplici espressioni facciali e questo è un bel problema, visto che l’attrice esibisce spesso e volentieri una faccia imbronciata per esprimere molte delle sfumature emotive legate alla rabbia e alla frustrazione.

La regia non ci prova neanche ad aiutarla: molte conversazioni sono fatte con il linguaggio dei segni e quindi supportate dai sottotitoli che tolgono tantissima attenzione da quello che succede. Potevano provare ad accompagnare il tutto con un minimo di parlato in più, ma questo avrebbe forse danneggiato l’iconica immagine del politicamente corretto che la nostra protagonista impersona alla perfezione.

 

 

Vincent D’Onofrio (Full Metal Jacket, Ed Wood, Men In Black, Law & Order: Criminal Intent), che torna nuovamente a vestire i panni del vero Wilson Fisk, quello che si era visto in tutto il suo splendore nella serie di Netflix, è meraviglioso… imperioso… forse addirittura troppo ingombrante! Sì, perché ogni volta che appare, tutta l’attenzione si sposta immediatamente su di lui e da lì non si schioda più finché non esce di scena. Aggiungiamoci anche che il ritorno del boss della malavita coincide con il momento di maturazione di Maya Lopez che, da interessante antieroe, accetta il suo passato e comincia a mondarsi dell’oscurità che l’aveva resa tanto interessante.

Peccato, i presupposti per realizzare una serie interessante c’erano tutti, almeno fino alla terza puntata; poi improvvisamente qualcuno ha deciso di spingere sull’acceleratore ed imboccare la strada della banalità. Accontentiamoci di aver rivisto Charlie Cox (Stardust, She-Hulk: Attorney At Law, Downton Abbey, Boardwalk Empire – L’Impero Del Crimine, Spider-Man: No Way Home) e Vincent D’Onofrio e soprattutto di aver appurato che la Marvel sembra aver fatto un passo indietro sulla caratterizzazione dei personaggi tornando a quella un po’ più cupa e scura fatta da Netflix.

 

Echo, 2024
Voto: 5.5
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