Flaminia: la recensione

Esordio alla regia per Michela Giraud, sempre più in inarrestabile ascesa. La sua prima commedia brilla al botteghino; ma è oro o latta?

 

Flaminia recensione

 

Chiariamoci subito: questo film fa veramente schifo. Ci perdonerà Tony Effe, di cui abbiamo parafrasato il “profondo” verso della sua nuova canzone Chiara, ma il re è nudo e qualcuno doveva pur dirlo: e questo perché quando si tratta della Michelona nazionale sembra impossibile dire la verità. Come comica non fa ridere nessuno, a Lol – Chi Ride è Fuori è stata l’unica concorrente imbarazzante e la volgarità con cui cerca di mascherare l’assenza di talento fa quasi tenerezza. Eppure l’artista (?) romana lavora più di Fiorello e gli addetti ai lavori fanno a gara a sperticarsi di complimenti; c’è veramente da chiedersi come faccia la ragazza ad andare avanti nel campo dello spettacolo.

Flaminia vorrebbe essere una commedia che fa ridere ma anche che strappa qualche lacrimuccia. Vorrebbe essere una sceneggiatura originale ma anche strizzando l’occhio a quella vita reale in cui la Giraud una sorella come Ludovica ce l’ha davvero. Vorrebbe sonorizzare peti e inquadrare chiappe ma lasciando aperta la porta ad un tema importante come l’autismo. Vorrebbe fare tante cose ma, come detto in apertura, fa solo schifo.

Non solo le battute non fanno ridere mai, ma sono proprio il lungo sunto della comicità più superficiale del cinema italiana e non solo. Un esempio? La scena iniziale del phon nei capelli è un classico del genere anni novanta americano tra Hot Shots e Il Silenzio dei Prosciutti. La rappresentazione delle amiche di Roma nord, poi, è ai livelli dei Ragazzi della III C. L’intreccio, infine, è risibile… con l’apice assoluto in un finale che riesce ad essere insieme scontato e impossibile con quel tocco pacchiano del sentimento facile di una sorella che si riconosce tale solo dopo aver scoperto davvero le qualità della parente tanto odiata. Una cosa che immagini possa avvenire dopo pochi minuti di film.

 

Flaminia recensione

 

In questo sfacelo che nessuno avrà il coraggio di definire tale, però, una nota positiva c’è. Brilla come la stella polare nella notte più buia Fabrizio Colica che, invece, l’attore lo sa far bene, tanto che riesce a dare umanità e tridimensionalità ad un personaggio che si muove in un lungometraggio 2-D. Speriamo di godercelo in produzioni meno effimere.

C’è da ragionare sulla nuova generazione di registe italiane. In un momento storico in cui Margherita Vicario esordisce con Gloria!, il confronto tra le novelle cineaste è impari; cosa che di per sé non sarebbe grave se non cercassero di spacciarci la prima come novella Monicelli quando siamo a livello del peggior Neri Parenti.

Questo è un film tutto sbagliato, perfino nel titolo. Avrebbe avuto più senso narrativo (e garbo) usare il nome della sorella ma la scelta della Giraud non lo ha permesso, e così ci becchiamo un altro essenziale lavoro su Roma nord e i suoi drammi. Qualcuno ci salvi!

 

Flaminia, 2024
Voto: 4
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