Claudio Colica designato erede di De Sica? Visti i risultati imbarazzanti di questa pellicola, suona più come una maledizione.
C’è sempre tempo per beccarsi un cinepanettone. Adesso, poi, che Netflix s’è messo a produrne in prima linea, non scappa più nessuno. Se fino a qualche tempo fa, infatti, la dura leggere del botteghino ce li toglieva dagli zebedei appena smettevano di sbigliettare, in questi tempi moderni galleggiano nella home della piattaforma come un pezzo di… Suvvia, sarà pur consentita un po’ di volgarità di fronte a questo lungometraggio di Giovanni Bognetti che è volgare a dir poco, con una scrittura misera e una regia assente. Ci sono filmini del telefonino più elaborati.
La trama, da tradizione, fa schifo assai: i due genitori, Christian De Sica e Angela Finocchiaro, subiscono il trauma dell’abbandono del nido; i loro adorati figlioletti Colica (appunto) e Dharma Mangia Woods (tranquilli, che è più romana di Nerone) hanno preso il volo e non se li filano più. Quando arriva la notizia che daranno buca anche alla cena di Natale, i due sbroccano e fanno scattare il piano geniale (?): fingere di aver ereditato uno svacco di soldi da una vecchia zia per riavere nelle quattro mura il piacere della pargolanza (interessata). Una roba che neanche le storie di Zio Paperone degli anni ottanta, senza la magia Disney e con l’imbarazzo di voler essere un’evoluzione del genere portato in auge dai Vanzina.
La verità è che il primo inimitabile Vacanze Di Natale fotografò la società degli anni ottanta con una bravura ed un equilibrio unici. Poi furono solo disastri. E le nuove generazioni (segnaliamo nel cast anche un di solito ottimo Francesco Marioni), invece di portare la qualità innalzando lo story telling, si assestano sul fondo del barile con i dinosauri della comicità. I due giovani protagonisti, infatti, recitano come si recitava negli anni novanta, tutto occhiatacce e bocche distorte. Sembra una puntata di Boris. Ma questi ci credono davvero. Persino la Finocchiaro, di solito superlativa, si accontenta del bonifico (speriamo per lei lauto) e si lascia andare in una performance insulsa.
L’introspezione dei personaggi non esiste. I colpi di scena sono a dir poco banali. Le musiche hanno persino il pregio di risultare irritanti. Tutto questo per ottenere un incredibile risultato: le situazioni che si susseguono in questa commedia degli equivoci sono scollate da qualsiasi realtà del multiverso. Un esempio su tutti… il capo ufficio di Colica che lo insulta davanti ai genitori durante un aperitivo al bar ricordandogli che dopo cena avrebbero avuto un’importante call da non bucare. Mobbing questo sconosciuto: vessato, sotto pagato e usato in orari di lavoro non consoni. Ma dove? Nel regno del cinema italiano del trapassato remoto?
Natale Sul Nilo è stato di certo il fondo ma qui non si fa di meglio. De Sica, appesantito oltre ogni modo nell’immagine e nei dialoghi, è il ricordo di se stesso e l’assenza di Boldi si fa addirittura rimpiangere. Almeno in quei film c’era la certezza dei luoghi comuni Roma/Milano e di vedere una scena di nudo sotto la doccia dove qualcuno finiva inchiappettato. Qua si inneggia al soft, al garbo, alla poesia di un lavoro sulla famiglia da ritrovare.
Il risultato è un rutto. Altro non si può davvero aggiungere.