Flatliners: la recensione

Il remake di Linea Mortale non riesce ad entusiasmare in particolar modo, tanto da chiedersi il perchè della decisione di realizzarlo.

 

 

Linea Mortale è un film del 1990 che all’epoca della sua uscita fece parecchio scalpore per la sua tematica particolare, legata agli esperimenti scientifici ed alla vita dopo la morte. Anche se la pellicola di Joel Schumacher non può essere ricordata certo un capolavoro, ha il merito di aver riempito un vuoto in quegli anni di piattezza cinematografica e di produzioni di scarsissimo valore.
Flatliners ne è il remake diretto, e prova a riproporre in chiave moderna la stessa identica trama.

Un gruppo di studenti di medicina sfruttano le loro scarse conoscenze tecniche ed il fatto di lavorare in un ospedale come praticanti per sperimentare una morte autoindotta, puntando a esplorare quel territorio di confine tra la vita e la morte dove in molti affermano di aver visto una luce accecante e di aver provato la sensazione di un punto di passaggio verso un altro stato. I ragazzi si sottopongono progressivamente a questo esperimento, vivendo un’esperienza unica ma che scopriranno ben presto aver anche svegliato delle forze al di fuori del loro controllo.

Flatliners è uno di quei film che potenzialmente avrebbero molto da poter dare; lo spunto di fondo offre moltissime possibili letture e derivazioni, garantendo la possibilità di muoversi all’interno del campo dell’esoterismo, del paranormale, dello scientifico e del misterioso. Flatliners butta pero alle ortiche tutte queste possibilità, limitandosi a proporre un canovaccio molto superficiale legato esclusivamente all’azione e ad elementi semi-horror tipici dei filmetti statunitensi di bassa categoria.

 

 

Sono molte le lacune di Flatliners, a partire da quelle legate alla non credibilità con cui i protagonisti hanno accesso a strumentazioni mediche avanzate e come affrontino un possibile suicidio con una tranquillità ed una calma assolutamente irragionevole; una calma priva di dubbi e ripensamenti e che solo in un caso mostra un minimo di paura. Le azioni commesse hanno delle conseguenze talmente trascurabili e non realistiche che azzerano spesso l’immersione dello spettatore; domandarsi come si possa pretendere che chi guarda possa accettare con leggerezza le tante situazioni improponibili di Flatliners è qualcosa che viene automatico chiedersi durante la proiezione.

Se almeno le sequenze d’azione fossero importanti e corpose, si potrebbe parzialmente giustificare il pressopochismo degli altri aspetti del film. Invece no: i momenti adrenalinici sono rari (ma non assenti) e il resto lascia in bocca un retrogusto molto forte di posticcio, di finzione, di costruito.

Il cast non è esente da critiche: Ellen Page (X-Men Conflitto Finale, Juno, Inception, X-Men Giorni Di Un Futuro Passato) ha per tutto il film una sola espressione sul viso, e non suscita nessuna empatia; James Norton e Kiersey Clemons sembrano essere nel film per caso, e la loro prova attoriale sembrerebbe più adatta a qualche banale serie tv per teenager. Un pelo meglio (ma non molto) si piazza Nina Dobrev, comprimaria rispetto ad Ellen Page e James Norton.
Di tutti, a salvarsi è solo Diego Luna (The Terminal, Milk, Elysium, Rogue One: A Star Wars Story, Narcos: Mexico, Andor), paradossalmente relegato in un ruolo che funge solo da parafulmine; da solo non può incidere sull’esito del film in cui recita anche Kiefer Sutherland (Stand By Me, Young Guns, Fuoco Cammina Con Me, Dark City, 24), attore già presente in altro ruolo nel Linea Mortale del 1990.

 

 

Buona parte della responsabilità del fallimento di Flatliners non può però non ricadere sul regista, quel Niels Arden Oplev di Uomini Che Odiano Le Donne, che nonostante abbia il merito di confezionare alcune sequenze d’azione e di suspance in modo discreto, complessivamente non riesce a trasmettere allo spettatore alcuna emozione e consente al suo film di scorrere via senza lasciare alcun segno.

Se l’originale Linea Mortale non era certo un capolavoro, realizzarne un remake avrebbe dovuto significare spingere sui punti forti del film originale e affiancargli una profondità diversa; Flatliners invece si limita a presentare una storia non travolgente in un modo rivedibile. Che senso ha realizzare una pellicola in questo modo?

 

Flatliners, 2017
Voto: 5
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