Non giudicare mai una serie dal titolo, anche se molto infantile; questo è proprio il caso di Il Principe dei Draghi. Io ne sono rimasto entusiasta e voi l’avete visto?
Sono mesi che m’imbatto in questa proposta Netflix, non so perché, ma mi mette addosso un misto di curiosità e preoccupazione. Il mondo fantasy lo concepisco solo in due modi: “Epico”, come un monumentale colossal alla Signore degli Anelli, o in stile “Giapponese”, con i suoi risvolti comico/sentimentali che intoppano le arterie di melensi problemi di cuore, ma ti presentano anche inconcepibili attacchi da distruzione su scala planetaria. Ebbene, Il Principe dei Draghi si avvicina alla prima delle mie due preferenze, e questo mi turba; è pur sempre un Anime a puntate e non un film.
Il titolo si presenta subito bene, non ha quella legnosità grafica che ho riscontrato in altre serie targate Netflix, quindi incrocio le dita sperando che anche la trama sia altrettanto buona. La storia entra subito nel vivo, non ti permette neanche di ambientarti che parte bella tosta e ricca di sorprese. Ma ancora più della storia, è la caratterizzazione dei personaggi che mi ha lasciato stupito; un caleidoscopio di sfaccettature emotive, condito con un’ottima capacità di sdrammatizzare il momento con una battuta distensiva, si alterna a momenti seri imposti dalla situazione concitata o dalla necessità di mantenere una facciata diplomaticamente credibile. Questo non accade solo con i tre piccoli protagonisti, ma la maggior parte dei personaggi che sono presentati offre una bellissima sfumatura d’emozioni e di sentimenti contrastanti.
Cavolo, se penso che si tratta di storia a cartone animato, e non di una produzione che potrebbe tranquillamente essere accolta in modo più che positivo da un pubblico adulto, mi rammarico di non aver cominciato prima a vedere questa serie. All’inizio la storia potrebbe sembrare semplice, banale e scontata, ma con l’andare delle puntate e delle stagioni, nulla è così semplice come appare al principio.
La serie, ambientata in un mondo fantastico, racconta il viaggio dei due fratellastri Callum ed Ezran insieme all’elfa Rayla, per restituire un uovo appartenente al re dei draghi e impedire lo scontro tra gli uomini e le altre razze. Il viaggio è la struttura portante che i nostri protagonisti affronteranno, inteso come crescita e scoperta, e non solo come sofferenza e sacrificio; ma anche i “cattivi” hanno la loro bell’evoluzione, a volte anche in modo del tutto inaspettato, sicuramente molto diversa da semplice male che le storie Fantasy ci hanno abituato a riconoscere da subito.
La cosa più strana, e che forse soffro di mal digerito, è stata la scelta di rappresentare gli elfi con corna, orecchie a punta e quattro dita per mano; la mia mente ritorna prepotente a quelli che sono i canoni standard di D&D e delle altre saghe fantasy, lasciandomi a ronzare in testa una domanda importante: “Perché non farli così?”. Non che mi dispiaccia il tentativo di realizzare un mondo incantato, pervaso di magia, colori sgargianti e cose strane, diverso dai soliti standard, ma il solo sentire la parola “Elfo” mi riporta alla mente una creatura diversa.
La serie non è conclusa, ma forse bisognerà aspettare qualche tempo, visto che uno dei produttori e realizzatori della serie ha qualche grattacapo legale da risolvere; fortunatamente Netflix ha la possibilità di procedere anche senza chi ha trainato la carretta fino ad ora, e visto che è stato annunciato anche un videogioco tratto dalla serie televisiva, è plausibile che la quarta stagione ci farà aspettare un po’ ma sarà comunque messa in produzione.