In Ucraina è in corso una Proxy War?

I conflitti per procura, più comunemente chiamati proxy war, nascono nell’antichità ma ancora oggi sono uno strumento di proiezione bellica delle grandi potenze.

 

 

Sono denominati proxy war quei conflitti tra due attori statali o non statali che agiscono per conto di entità che non partecipano direttamente alle ostilità. Per parlare di guerra per procura bisogna identificare una relazione tra le forze in campo e attori esterni. Solitamente questa relazione prende la forma di finanziamenti, forniture belliche o addestramento. Le guerre per procura hanno cambiato pelle nel corso della storia e nel XX Secolo hanno assunto la forma di ostilità portate da attori non statali dietro sponsorizzazione di una potenza statale. Obiettivo? Indebolire i propri avversari senza intervenire direttamente negli scontri.

Con insistenza sempre maggiore si parla di proxy war in riferimento al conflitto in Ucraina. In questo caso sarebbero gli Stati Uniti, più in generale l’Occidente, ad essere indicati come sponsor delle ostilità verso lo storico nemico russo. Questa teoria trova sì dei punti a proprio favore, ma un’attenta analisi ci restituisce un quadro stratificato e sofisticato. Lanciarsi in interpretazioni frettolose comprometterebbe l’analisi del conflitto, la quale deve essere sempre avalutativa e non partigiana.

 

 

Chi sostiene la tesi che USA e NATO stiano utilizzando il territorio russo come campo di battaglia proxy contro la Russia, si concentra sui rapporti di forza che condizionano le scelte operative di Kiev. In particolar modo fanno riflettere le dichiarazioni di inizio maggio del Presidente ucraino Zelensky, il quale dichiarava come obiettivo strategico il ritiro russo sulle posizioni tenute al 23 febbraio, per poi fare proprio il mantra della riconquista ucraina della Crimea. Sull’impossibilità di accettare una Crimea russa si erano espressi proprio in quei giorni il Segretario NATO Stoltenberg e quello americano Blinken. Osservando questa coincidenza qualcuno vi ha trovato una correlazione e si è posto una domanda: chi comanda il fronte ucraino?

Il peso statunitense nella guerra non è indifferente. In primavera il Presidente Biden ha firmato l’Ukraine Democracy Defense Lend-Lease Act of 2022, un provvedimento che ha subito riportato alla mente la Legge Affitti e Prestiti di Delano Roosevelt del 1941. Come nella Seconda Guerra Mondiale, gli USA hanno stilato un decreto ad hoc per rifornire i propri alleati di munizioni e armamenti avanzati. Il sostegno di Washington a Kiev non si esaurisce qui. Agli importanti aiuti materiali si somma la collaborazione strategica che vede l’intelligence americana in prima linea nell’organizzazione della controffensiva ucraina.

L’aiuto occidentale, in particolar modo americano, all’Ucraina sta esacerbando i tani di Mosca. Le alte sfere del Comando russo potrebbero cavare un vantaggio dal considerare il campo di battaglia uno scenario proxy. Identificare l’Occidente come il nemico ingaggiato in battaglia, e non più l’esercito ucraino, consentirebbe alla Russia di inasprire l’offensiva con l’utilizzo di ulteriori armamenti. Al contrario, se gli americani si convincessero a far fare un passo indietro alla NATO per non sollecitare il sentiment nucleare di Putin, ciò potrebbe far passare il messaggio che la deterrenza nucleare consente a chi ne dispone di poter occupare impunemente territori altrui.

 

 

Considerare l’Ucraina uno scenario di guerra per procura lederebbe però la dignità della resistenza degli ucraini. La mobilitazione dell’esercito di Kiev è avvenuta a seguito dell’invasione dei propri confini da parte di una potenza straniera e ciò la rende più che legittima. Prendere in considerazione gli sforzi bellici dell’Ucraina e ricondurli in una prospettiva di proxy war fornirebbe un quadro semplicistico di ciò che sta accadendo alle porte dell’Europa. Proporre poi una visione di USA contro Russia riproduce in chiave odierna dei concetti di Guerra Fredda che non sembrano più idonei a rappresentare l’attuale scenario geopolitico. La storia sarà capace di trovare il giusto collocamento all’attuale conflitto. Quello che possiamo osservare oggi è una contaminazione sempre maggiore degli scenari di combattimento, con strategie ibride che faticano ancora a trovare un proprio spazio nella letteratura di guerra.

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