Radius: la recensione

Radius è il perfetto esempio di come si possa sprecare una buona idea con una realizzazione discutibile e via via sempre meno affascinante.

 

 

È difficile spiegarsi come fin troppo spesso ci si imbatta in registi e sceneggiatori dotati di una forte propensione a svilire idee azzeccate e spunti di sicuro impatto. Radius rientra nella categoria di film che sono vittime di questo modus operandi, ed è un peccato visto l’ottimo inizio che caratterizza questa pellicola.
Radius ci catapulta immediatamente nel bel mezzo di una situazione apocalittica, che vede il protagonista risvegliarsi privo di memoria dopo un incidente stradale e che, attraversando a piedi la campagna statunitense, trova solo morti intorno a sé.

 

 

Le prime battute di Radius ricordano tantissimo E Venne Il Giorno, l’ottimo film apocalittico realizzato da Night M. Shyamalan ormai una quindicina di anni fa: anche qui il protagonista si trova alle prese con un evento intangibile e fuori dalla propria comprensione, i cui effetti sono però chiaramente visibili ed assolutamente drammatici. La tensione è palpabile e l’atmosfera è perfettamente servita allo spettatore; presto però ci imbattiamo nell’unico ma devastante problema che segna il destino di Radius: le decisioni prese dal protagonista per gestire la situazione sono quasi sempre prive di senso e sembrano servire esclusivamente a creare in modo artefatto una serie di eventi concatenati, utili alla trama ma che oltre ad esser poco credibili ottengono solo il risultato di retrocedere Radius nella categoria delle pellicole dimenticabili.

L’introduzione di una coprotagonista aiuta sicuramente la regia (condotta a quattro mani da Caroline Labreche e Steeve Leonard) a generare tutta una sequela di situazioni che in gran parte non solo tengono botta, ma sono anche in grado di mantenere viva l’attenzione dello spettatore; purtroppo parallelamente vengono affiancati momenti d’azione via via sempre meno credibili e che modificano la natura del lungometraggio, trasformando la sua iniziale capacità di suscitare suspance in qualcosa di dozzinale con una fase finale assolutamente gratuita e mal digeribile, relegando quindi Radius a filmetto d’azione di categoria medio-bassa.

 

 

Il lavoro della regia va di conseguenza valutato tenendo conto degli alti e bassi che pervadono Radius; qualcosa che lascia perplessi e stupefatti. La coppia Labreche-Leonard ha indubbiamente nelle corde le giuste capacità per realizzare qualcosa di sostanzioso, e non si capisce il perché della deriva “spettacolare” del film.
Discreta la prova attoriale dei due protagonisti. Sicuramente migliore quella di Diego Klattenhoff, in grado di mantenere un buon livello durante quasi tutta la durata del film (anche lui scade nel finale), mentre Charlotte Sullivan porta a casa il risultato con un compitino privo di particolari note positive.

Radius è un film dalle ottime potenzialità che però si perde per strada quando la trama inizia a spostarsi verso un ritmo ed una qualità diversa da quanto inizialmente proposto, e quando ai personaggi vengono fatte prendere scelte non credibili ed hanno reazioni fuori luogo e del tutto irricevibili. Un peccato, viste le premesse.

 

Radius, 2017
Voto: 5
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