Un gioco dove i labirinti sono uguali a quelli che disegnavo quando giocavo a Dungeons & Dragons, cosparsi di letali trappole e stupidi mostri.
La Corea è sempre pronta a sfornare nuovi fumetti, o manhwa, che s’ispirano a videogiochi e giochi di ruolo. The Tutorial Is Too Hard va addirittura oltre e ci immerge direttamente dentro un immenso labirinto progettato alla Dungeons & Dragons con prove, pericoli e mostri.
Questo mortale gioco aspetta infatti gli ignari partecipanti per testarli fisicamente, mentalmente ed emotivamente. La memoria naviga velocemente verso prodotti simili e naufraga nei bellissimi paesaggi di Sword Art Online, pieni di colori e cieli limpidi. Beh… scordateveli, qui siamo principalmente dentro ad un labirinto fatto di pietre e mattoni!
Nessuno è costretto ad entrare in questo gioco, semplicemente viene gentilmente invitato a partecipare con un messaggio che appare letteralmente a mezz’aria davanti alla persona. La scelta di come vengano selezionati gli invitati non è rivelata, ma solo coloro che accettano possono decidere con che grado di difficoltà affrontare il gioco. La strana novità stuzzica i giocatori più curiosi che accettano l’invito partecipando al livello più facile del gioco. I giocatori più avventurosi scelgono il livello normale, confidando che sia fattibile. Solo Lee Ho Jae, un gamer professionista, decide di accettare la sfida del livello infernale; il labirinto che gli si para davanti è difficilissimo, tanto da rischiare la propria vita alla prima trappola.
La storia inizia con un capitolo che ci stuzzica parecchio la fantasia del lettore. Lee Ho Jae è da tempo dentro il labirinto ed ha raggiunto un livello avanzato, ma è sempre l’unico giocatore ad aver accettato di giocare al livello infernale. D’improvviso arriva la notifica che un altro giocatore ha accettato di giocare alla sua stessa difficoltà. Il nostro protagonista non è più solo ed inizia una fitta conversazione, tramite la funzione dei messaggi messe a disposizione dal gioco stesso, con la malcapitata ragazza. Lee Ho Jae prova a tranquillizzarla ed inizia a spiegarle come funziona il gioco e come sono strutturati i livelli. Comincia così un lungo viaggio nel viale dei ricordi di Lee Ho Jae che racconta la storia di come è riuscito a sopravvivere a tutte le difficoltà fino ad ora incontrate.
La narrazione del nostro protagonista si concentra inizialmente su come ha superato le trappole e sconfitto i nemici; abbastanza banale come storia e spesso poco coinvolgente. Qualcosa cambia quando c’è la possibilità, tramite un evento speciale, di incontrarsi con i giocatori appartenenti alle altre difficoltà di gioco. Si scopre ben presto che i pericoli non si annidano solo nel labirinto, ma anche all’interno della comunità dei giocatori. Un miglioramento? Si, ma è solo temporaneo, si torna ben presto nel labirinto e con il solo Lee Ho Jae.
La monotonia dei combattimenti ed i toni cupi del labirinto non aiutano lo spettatore ad esaltarsi per il racconto, ma ogni tanto arriva uno spunto degno di nota. Queste idee interessanti, che a prima vista sembrano slegate tra loro, hanno vita breve nella routine del protagonista, ma ci fanno intuire che l’autore delle storie, Gandara, può sorprenderci con una storia molto più profonda di quella che ci sta raccontando ora. D’altronde, lo stesso titolo di questo prodotto fa sorgere una domanda: “Se questo è solo un tutorial, cosa avviene quando è finito?”.
Imae Daiki, che si occupa del comparto grafico, ha uno stile abbastanza rozzo. Riesce a dare profondità alle scene senza renderle ridicolmente piatte, e questo è un bene, ma non è capace di fare altrettanto con visi e corpi che rimangono per lo più poco profondi, se non addirittura bidimensionalmente distorti. La scelta dei colori invece è apprezzabile; neri, marroni e verdi scuri sono tutti colori dai toni cupi perfetti per un labirinto sotterraneo.
The Tutorial Is Too Hard ha la sua buona dose di combattimenti, anche abbastanza cruenti, ma non raggiunge mai le profonde violenze psichiche o fisiche di prodotti come Drag-On Dragoon – Shi ni Itaru Aka o Juujika No Rokunin. Poco più di ottanta capitoli rilasciati e poco meno di quaranta tradotti, grazie all’infaticabile lavoro dei fan, ne fanno un lavoro tutto in divenire. In Italia non è ancora edito e credo proprio che non lo vedremo facilmente a meno di un cambiamento repentino di storia, cosa che può avvenire, e di grafica, cosa che credo proprio non sia ancora nelle corde di Imae Daiki. Ve lo consiglio? Fino ad ora non ha dimostrato nulla d’interessante, ma potenzialmente può ancora dire la sua.