Arnold: la recensione

Mister Universo, attore di Hollywood e Governatore della California: tre vite in una per Arnold Schwarzenegger. Netflix le racconta così.

 

Arnold recensione

 

L’idea del regista Lesley Chilcott è buona: ricostruire la folle ma anche strepitosa vita del molosso austriaco per portare in scena l’edonismo degli anni ottanta e novanta. E quale migliore spunto di un’esistenza lastricata d’oro e di fama partita dalle montagne di Heidi (con le caprette che fanno ciao) e arrivata fino alle assolate strade di Hollywood? Scelta indovinata, scelta iconica. Per tutti noi rimastini di quel periodo il personaggio è quasi divino e la sua imponente fisicità rimane un’irraggiungibile meta a cui agognare da dietro le nostre pance e doppi menti. Arnold (perché il cognome è quasi un codice fiscale) è stato Conan Il Barbaro, Commando, Terminator, Danko. Arnold ha vinto due volte Mister Universo!

 

Arnold recensione

 

E da qua parte la narrazione della docu-serie piena zeppa di filmati del passato e foto inedite e divisa in tre macro-puntate che proseguono col successo al botteghino e quello in politica. Tutto scorre e funziona. Diverte vedere i video amatoriali del biondo Schwarzy che zompetta col fratello lungo i laghi dell’Austria. Commuove seguirlo mentre alza pesi sempre più imponenti per scolpire muscolo su muscolo un corpo che diverrà azienda. Stupisce constatarne la lucidità nella scelta delle mosse da fare nella sua carriera che lui dice vedere “in anticipo”. Parliamo di uno che, quando esordisce al cinema, è già milionario grazie al body building! Potenza teutonica e tutt’altra tempra rispetto al caotico italo-americano Sylvester Stallone che approdò a Rambo con le mosche in tasca e i calzini bucati.

Il merito di questo lavoro pubblicato su Netflix è quello di svelare una volta per tutte la vera forza di Arnold, che non sta nei bicipiti. Lui, a differenza della sua nemesi espressiva come un mocassino usato, impara negli anni a recitare e, soprattutto, scopre l’ironia. La svolta di Gemelli, con Danny De Vito, è geniale e da là parte tutto quel filone che gli ridona nuova vita artistica e che lascia definitivamente indietro tutti gli altri machi di quel periodo. Il modo in cui percula Dino De Laurentis a distanza di decenni spiega che questa dote fa parte del suo carattere. Duro ma con sfumature comiche.

Una scoperta inattesa che forse mostra però anche la pecca di questo titolo. Chi ha amato l’uomo e l’idolo, e di conseguenza il periodo che simboleggia, apprezza i molti colpi di scena del documentario e il tanto materiale montato con ritmo buono. Chi è fuori generazione o area di interesse, però, non ha alcun motivo di seguire il lavoro. Cosa potrà mai fregare a un pischelletetto della Generazione Z che l’amore di Arnold con una Kennedy gli ha insegnato a fare politica prima ancora che la politica la facesse davvero? Perché una donna avulsa dagli action movies dovrebbe appassionarsi al racconto dell’attore di quanto funzioni ovunque (elezioni governative incluse) il suo tormentone di Terminator “I’ll be back”?

Estiqaatsi di Schwarzenegger… pensa che sia un grande personaggio ma anche che possa non riscaldare molto come invece sanno fare una tresca in Temptation Island o un gol di Mbappè. Cibo per i nostalgici, quindi, ma acqua tiepida per il resto del mondo. Non ditelo però a uno che va in giro a dire che “il fallimento non è un’opzione”.

 

Arnold, 2023
Voto: 6
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