Boris 4: la recensione

Signore e signori, il mito è servito. La nuova stagione della banda di Renè Ferretti approda su DisneyPlus e tocca apici epici.

 

Boris 4 recensione

 

Si scrive Boris 4 ma si legge “capolavoro”. Non esiste altra definizione per questo nuovo capitolo della saga de Gli Occhi Del Cuore che si regala un update mistico: questa volta infatti il tema è la vita di Gesù. Uno spunto narrativo che offre battute a iosa ai due sceneggiatori e registi Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo orfani del compianto Mattia Torre. E qua si compie il primo “miracolo”: uno dei tre sceneggiatori (quelli che non fanno una minchia ma vengono strapagati) è una figura eterea che solo i suoi colleghi vedono. La citazione è evidente e toccante per un uomo che ha lasciato il segno per quello che ha saputo scrivere e che avrebbe amato essere ricordato in chiave così ironica.

Lo hanno confermato anche i bibliografi della serie, Gianluca Cherubini e Marco Ercole, che non a caso hanno appena pubblicato Il Vangelo Secondo Boris: Torre rivive in quel personaggio e nelle tante scene di questa edizione. Edizione che di conferme campa: dentro ci sono proprio tutti i personaggi della cosmogonia, compresi quelli minori tipo Massimiliano Bruno e Giorgio Tirabassi. Un pezzettino per uno e non si scontenta nessuno in una sceneggiatura corale perfetta che riesce sempre a strappare il sorriso ma anche a tenere vivo il tema centrale. Non avete ancora capito quale sia?

Ve lo svela fin dalla canzone della sigla inziale Elio con queste parole: “Canterò una storia nuova, con i personaggi a norma. Me l’ha detto l’algoritmo della nuova piattaforma”. Sì, perché ad essere perculato più di ogni cosa è questo rinnovato sistema di intrattenimento in cui a prendere le decisioni non sono più gli uomini ma un cazzo di software. Follia pura che, in quanto tale, diventa materia perfetta per fare umorismo spinto.

Dalle parti di Netflix fischieranno molte orecchie. La dirigente australiana iperattiva e schizzata è una macchietta perfetta di quel prototipo di lavoratore del mondo dello spettacolo e gli obblighi sociali che certi staff internazionali impongono vengono messi sotto una grande lente d’ingrandimento, forse nella speranza che il sole li bruci. Non meriterebbe altro destino la richiesta della social manager di far aprire a Ferretti un account Tik Tok (!) o di girare il backstage di un set dove “merda” è la parola più gentile che gira. Chi ha lavorato anche solo una volta in questo ambiente sa quanta verità si nasconde dietro ad alcuni sketch apparentemente esasperati.

 

Boris 4 recensione

 

La chicca in tal senso la si tocca con la sommossa sindacale della sigla “Nessuno tocchi Martufello” che mette in piazza i controsensi di alcune lotte antiche in questi giorni moderni e della comicità di certi slogan settantini. Sotto l’egida del pesce rosso più amato d’Italia, un immenso Pietro Sermonti porta il suo Stanis ai livelli gigioneschi di alcuni personaggi di Gassman e la “cagna maledetta” Carolina Crescentini, con la sua Corinna, riesce a mostrarci la vacuità di alcune (non tutte) stelle della fiction italiana.

Senza spoilerare nulla, ci sentiamo solo di anticipare che il finale è semplicemente sublime. E per nulla italiano.

 

Boris 4, 2022
Voto: 8
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