L’eterna lotta tra uomo e natura selvaggia simboleggiata da Rowan Atkinson impegnato ad uccidere un’ape. Serve altro per ridere?
Il comico inglese, noto al mondo per il personaggio di Mr. Bean, sbarca su Netflix con una serie di 9 mini episodi da un quarto d’ora l’uno. Tanto basta per ridere della sua piccola vita, che poi è la vita di molti di noi che certe case da urlo, certe macchine da sballo e certi lussi da sturbo ce li sogniamo solo sfogliando i social. Come spiega chiaramente il titolo, Man Vs. Bee, (in italiano Uomo Contro Ape), si tratta di un’accesa lotta tra l’improvvisato house sitter inglese (uno che deve badare alla tua casa!) e una fastidiosissima ape che gli ronza tra le scatole.
In mezzo c’è un’infinita e spassosa quantità di danni clamorosi a opere d’arte rare, a libri antichissimi e a vini da cifre astronomiche con un cagnolone a fare da spalla al protagonista e alcuni colpi di scena ben scritti. Lo stesso montaggio è degno di nota: in barba allo spoiler si parte con la fine, il processo a Rowan Atkinson per i disastri perpetrati in quella dimora di ricconi che lui avrebbe dovuto… custodire.
Col più classico dei flashback si evince che l’uomo, sempre animato da buone intenzioni, ha perso i precedenti lavori a causa della sua goffaggine e che ora si è improvvisato guardiano di case di lusso. Il resto si intuisce facilmente se conoscete il mondo di Mr. Bean, ed è solo conferma del talento di questo artista britannico mai troppo osannato. Lascereste mai a uno come Trevor (questo è il nome del personaggio di Atkinson) la gestione di una cucina hi-tech?
La doppia genialata di questa serie è che dura pochissimo (siamo tutti stanchi e accaldati sul divano in piena estate) e che è piena di splendidi rimandi al cinema muto, alla pantomima e alla slapstick comedy. Rispetto al consueto mondo dell’omino in cappotto marrone, però, qua lo sfortunato anti-eroe al centro della scena sa parlare e lo fa per dialogare con sua figlia, nel tentativo tenero e malinconico di organizzare una vacanza con lei di cui non ha in pugno nulla (nemmeno i soldi per farla). Lo spessore di un’opera così leggera sta tutto nel doppio colpo di scena finale che risulta piuttosto gradevole e pacificatorio.
In questa dimensione di cazzeggio di qualità tutto passa, tutto è valido. Persino la rappresentazione dei ladri come un bambino la farebbe, con tutine attillate e mascherine nere, e un poliziotto sconcertato che amplifica, con le sue facce facciose, la follia di un uomo che ogni minuto che passa s’incattivisce sempre di più contro la sua svolazzante (e ovviamente vincente) nemesi a strisce gialle e nere.
La narrazione della serie è un loop ed è quello che la rende vincente. Sai già che l’insetto avrà la meglio ma vuoi goderti “il come” per ridere a crepapelle. È lo stesso atavico meccanismo della buccia di banana inquadrata in primo piano solo per farti aspettare l’inevitabile e rovinoso capitombolo. Ideale da vedere in famiglia con i figli sia tutta d’un fiato, sia a mozziconi, tra un ritorno dalla spiaggia e una grigliata in giardino.
Sperando che queste serate all’aperto vi portino gioia e spensieratezza e non… un’ape tra le palle!