Legnoso, ripetitivo, poco rifinito; il gioco PvPvE di Reality MagiQ necessita di parecchio lavoro prima di poter uscire dall’early access.
Dysterra è uno di quei titoli che non hanno avuto un lancio dei più facili; ha però ricevuto molti aggiornamenti negli ultimi mesi, incluso il passaggio da Wellbia, un anti-cheat parecchio controverso, al più comune e stabile EasyAntiCheat. Wellbia impediva in alcuni casi l’accesso ai server anche ad alcuni detentori di copie review del gioco; e noi eravamo sfortunatamente fra questi. Il passaggio ad EAC ha finalmente sbloccato la situazione, permettendoci di testare approfonditamente il gioco.
Dysterra è un gioco survival fantascientifico che nel gameplay ricalca piuttosto fedelmente quanto tracciato da Rust, con elementi analoghi piuttosto evidenti che possiamo facilmente identificare fin dalle prime battute di gioco, a partire dalla necessità di costruire una base esposta agli attacchi degli altri giocatori e che per non autodissolversi richiede una costante foraggiatura di materiali.
Ma gli elementi in comune con altri giochi non terminano qui: Dysterra ricorda molto Desolate sia come stile grafico che come frequenza di respawn degli oggetti da poter saccheggiare nelle nostre peregrinazioni e dei nemici a guardia sempre dei soliti punti.
Sia che si scelga di giocare in locale che su un server PvPvE, al momento Dysterra non offre un’esperienza di gioco fra quelle che ricorderemo per tutta la vita. Il gioco soffre di una evidente ruvidità e ripetitvità che si nota da un lato nella gestione dei comandi e dell’inventario, e dall’altro dal costante riutilizzo degli stessi caseggiati e degli stessi oggetti. Un problema che affliggeva anche il già menzionato Desolate, ma che al contrario di Dysterra scorreva fluido sui nostri monitor. Dysterra invece non può affatto dirsi ottimizzato, con uno stuttering che può presentarsi anche su computer di fascia alta e una fisica dei veicoli più approssimativa che permissiva.
Nonostante ci sia tanto (tanto!) da lavorare, non si può negare come ci siano diverse buone cose in Dysterra: a partire dall’ampio territorio di gioco, esplorabile liberamente fin da subito (ovviamente a nostro rischio e pericolo), alla possibilità di spendere i punti esperienza ottenuti passando di livello all’interno di un sistema molto articolato di abilità che ci consentono di renderci la vita più facile, o ancora un aspetto grafico sicuramente appagante. Dal punto di vista survival, l’elemento di maggior noia in molti titoli analoghi, cioè la necessità di cibarci come se avessimo un tubo rotto al posto dell’apparato intestinale, verrà presto meno; un qualcosa che però al tempo stesso ci consente di capire come Dysterra soffra di un rivedibile bilanciamento nelle sue componenti.
La stessa capacità di costruire il nostro primo banco da lavoro, oggetto indispensabile per cominciare ad addentrarci nelle zone meno pacifiche ma sicuramente più interessanti dell’isola, è legata alla randomicità di apparizione degli oggetti necessari, cosa che ci più costringere a dover saccheggiare più volte lo stesso posto in attesa che le componenti riappaiano.
Il combattimento non va meglio. Se è vero che Dysterra non è un gioco facile, non deve ringraziare la scaltrezza dei nemici. A dirla tutta, i soldati della fazione a noi ostile rimangono in campo aperto a farsi sparare addosso senza cercare minimamente un riparo; ed è esclusivamente quando sono presenti in gran numero che riusciranno (e facilmente) ad aver la meglio ed a metterci al tappeto. Interessanti comunque le diverse tipologie di nemici, ognuna con caratteristiche peculiari (da quelli che si riparano dietro uno scudo metallico, ai classici “tank” che caricano a testa bassa prendendoci a cazzottoni).
Si nota la mancanza di un tasto dedicato al corpo a corpo, tanto che spesso in mischia finiremo per soccombere a causa del tempo di ricarica delle nostre armi mentre cercheremo con la rotellina di selezionare i pugni o armi contundenti.
Dysterra non è però necessariamente ostile nei confronti del giocatore, e quando moriremo ci permetterà di riapparire nella nostra base con gli oggetti che occupavano gli spazi “sicuri” del nostro inventario; solo il resto del contenuto del nostro zaino rimarrà alla mercé del primo che raggiungerà il nostro cadavere. Un positivo compromesso che già hanno adottato giochi come Will To Live Online o Zero Sievert e che rispetto a Rust, Marauders o Stalcraft instilla sicuramente meno ansia nel giocatore.
Va comunque notato come ci sia una certa confusione generalizzata sia nell’inventario che sulle sovrapposizioni dei pannelli informativi sullo schermo; più semplicità e chiarezza gioverebbero sicuramente alla comprensione di quel che ci accade attorno.
Gli sviluppatori di Dysterra hanno ancora molto da lavorare per rendere il loro gioco pienamente godibile. Al di là della costante necessità di loggarsi per raccogliere materiali e mantenere in esistenza la nostra base, cosa che rende Dysterra più simile ad un lavoro che ad un videogioco e che potrebbe allontanare i più, c’è anche tutto il comparto relativo alla gestione del saccheggio, del combattimento e dei controlli che andrebbe rivista. Eppure la struttura di gioco è sicuramente interessante e, raffinando le sue dinamiche, Dysterra potrebbe facilmente diventare un titolo pienamente godibile e di sicuro spessore.