La Finlandia nella NATO: come risponderà la Russia?

Dopo anni di apparente neutralità la Finlandia è diventata ufficialmente un paese membro della NATO: come reagirà la Russia ?

 

 

Lungo i 1300 km di confine che separano la Russia dalla Finlandia si respira un’aria tesa: l’ingresso del paese finnico nella NATO è stato infatti accolto con molto disappunto dalla nomenclatura politica russa e in particolare dal Ministero degli Esteri, dal quale arrivano promesse di potenziamenti militari e dispiegamenti di forze armate lungo il confine nord ovest della Russia.

Certamente il neo status di membro NATO della Finlandia porta effettivamente il sistema e l’armamentario nord atlantico “dentro casa” dei Russi: basti pensare infatti che fra il confine e la base militare navale russa di Kola (deposito di diverse testate nucleari) intercorrano appena 50 km, una distanza irrisoria che costringe quasi ad uno snervante processo di spionaggio e osservazione continua.

La mossa di NATO e Finlandia era chiara già dallo scorso anno quando l’ex premier Marin guidava il Paese, ma gli avvicendamenti della guerra in Ucraina, le mosse poco lineari di Erdogan e Orban e la lentezza della burocrazia hanno permesso solo oggi alla Finlandia di diventare un membro NATO; i Russi sono così passati da uno stato di disapprovazione durante il quale promettevano rappresaglie ad uno più cinico nel quale prendono atto della situazione con una mal celata preoccupazione.

 

 

Le promesse del Ministero degli Esteri sembrerebbero mostrare la volontà di infondere nella popolazione un senso di tranquillità, quasi a volerla rassicurare sulla tenuta e sull’integrità dei confini russi e di conseguenza sulla normalità con la quale continuerà a scorrere la vita dei cittadini russi, soprattutto di quelli situati lungo il confine.
Il Governo russo però probabilmente tranquillo non è, vista la situazione di accerchiamento atlantico che si è consolidata in questi giorni ai suoi danni; dalla Turchia alla Finlandia c’è un continuum territoriale ed ideologico a guida NATO che sembrerebbe essere proprio una barriera di contenimento geografico, morale e militare nei confronti dei Russi.

Data questa situazione, per i Russi la questione Ucraina diventerà un obiettivo ancora più imprescindibile per la sua sicurezza interna e per mantenere alto il suo morale e le sue velleità da superpotenza; oltre all’Ucraina poi le situazioni nella quali i russi cercheranno di trarre dei vantaggi in chiave anti NATO possono essere diverse.

 

 

Una su tutte è la cementificazione dei rapporti militari ed economici con la Cina, uno scenario che potrebbe essere una vittoria per entrambe: la Cina infatti avrebbe un alleato certificato in più nelle operazioni orientali nel Pacifico, mentre la Russia avrebbe la sicurezza di avere dalla sua parte la prima economia mondiale nonché il futuro della tecnologia militare. Il problema per entrambe potrebbe essere solo quello di raggiungere un compromesso di parità, ovvero una condizione in cui nessuna delle due comandi sull’altra.

L’altro scenario è il Caucaso, una regione che per la sua posizione e per il suo peso storico potrebbe giocare un ruolo chiave sia in termini militari che in termini più politicamente strategici; assicurarsi il territorio in Caucaso (sia letteralmente che non) infatti garantirebbe a Putin e alla Russia più sicurezza interna e più controllo esterno, soprattutto per quanto riguarda il Mar Nero e il camaleontico dirimpettaio turco.

 

 

Il terzo e più improbabile scenario potrebbe essere la costituzione di un’alleanza militare con alcune delle ex Repubbliche jugoslave e in particolare con la Serbia, un’eventualità che porterebbe la Russia ad essere militarmente presente in qualche modo all’interno dello scacchiere NATO.

Di certo ovviamente non c’è nulla; l’imprevedibilità russa unità alle velleità atlantiche di controllo e di affermazione infatti potrebbero generare qualsiasi scenario.
L’attesa al momento è l’unica certezza.

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