Limbo: la recensione

Limbo è stato il titolo che ha sdoganato atmosfere cupe e desolanti in un genere solitamente allegro come quello dei platform, con risultati magistrali.

 

 

Pochi mesi fa Limbo ha compiuto 10 anni. È un titolo che molti dei nuovi videogiocatori non conoscono, ma a cui devono molto.
In un’epoca in cui i platform erano tutti colorati e “pucciosi”, Limbo gettò una ventata gelida sugli appassionati, trasformando quel genere così pieno di vita in qualcosa di cinereo e putrescente.

In Limbo prendiamo le parti di un ragazzo che arriva sulla riva a bordo di una barchetta. Il suo andamento gongolante ci accompagna lungo il suo peregrinaggio attraverso ambientazioni di vario genere che vedono sfide differenti porsi di fronte al nostro alter ego.
In Limbo l’atmosfera fa più del 50% del valore del gioco: dai suoni ovattati alle schermate sfumate passando per le tonalità di grigio che tratteggiano lo schermo, ci troviamo immediatamente calati in un mondo che fa di tutto per farci sentire a disagio, per farci percepire che qualcosa è fuori posto. Anche nei momenti di calma, in cui possiamo tirare il fiato e rilassarci un istante, il mondo di Limbo ci ricorda che siamo in un ambiente sgradevole, anomalo, distorto.

 

 

Nonostante l’assenza completa di colori, dopo poco ci accorgiamo che Limbo è ricco di dettagli, e che i toni di grigio sono abilmente usati per delineare i contorni degli oggetti intorno a noi.
Ma non è solo l’aspetto grafico a fare di Limbo un capolavoro: la stessa mancanza di un contesto e di una storia qui non sembrano stonare, anzi paiono essere parte integrante del gioco (ed in effetti ci sono dei colpi di genio in questo ambito che però non voglio svelare).

Il gameplay è allineato alle tipiche aspettative che un amante dei platform può aspettarsi: ci sono dei puzzle da risolvere, delle azioni da compiere in sequenza e al momento giusto, ambienti da esplorare ed ostacoli da superare. Pur non essendoci nulla di nuovo sotto al sole, il gioco cattura immediatamente grazie al design dei livelli ottimamente calibrato; non ci sono momenti di frustrazione e quando saremo costretti a ripetere più volte lo stesso ostacolo non saremo mai irritati grazie alla magia che pervade Limbo in ogni momento.
I puzzle stessi sono ben studiati, e non c’è nulla che non sia risolvibile in modo logico e con un pelo di perseveranza; al tempo stesso il gioco non è facile, e dovremo stare attenti e concentrati per proseguire nel cammino.

 

 

Limbo è un gioco che ha fatto epoca e che ancora oggi ispira giochi che non riescono assolutamente ad avvicinarglisi. Lo stesso seguito spirituale, Inside, non ha raggiunto le sue stesse vette.

Limbo è un gioco da riscoprire; chi non lo ha mai giocato dovrebbe assolutamente provarlo, visto che chi lo ha giocato all’epoca ci torna periodicamente per assaporare le sue atmosfere particolari e il suo gameplay ottimamente calibrato.

 

PRO:

  • Atmosfera difficilmente eguagliabile
  • Difficoltà ottimamente bilanciata
  • Capacità di catturare immediatamente il giocatorie

CONTRO:

  • Lascia la sensazione di finire troppo presto

 

Limbo, 2011
Voto: 9
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