Tajani sta tentando di riportare il suo partito al centro della politica italiana, costi quel che costi: è il ritorno del trasformismo?
È passato poco più di un anno dalle previsioni che facemmo sul futuro di Forza Italia dopo la morte di Silvio Berlusconi, e ancora una volta si può dire che avevamo visto lungo. Il polverone estivo che Antonio Tajani sta sollevando con lo Ius Scholae non giunge a caso.
Sarebbe illogico ed irrispettoso nei confronti della politica pretendere che una coalizione mantenga graniticamente le stesse posizioni cristallizzate al momento del voto, così come è giusto che ogni forza partitica provi a portare avanti i temi a lei più cari. Quello che non torna però, nel contesto di una normale dialettica di coalizione, è il modo con cui Antonio Tajani ha riportato il tema, morto e sepolto addirittura durante la legislatura a guida di centro-sinistra, tornando a dar fiato a quelle forze politiche che dal governo sono state (finalmente, possiamo dirlo?) cacciate dopo vent’anni di scempi e che non attendono altro che un appiglio per tornare a manovrare a senso unico le leve del potere.
La prima domanda da porsi è sul perchè Tajani abbia voluto parlare di Ius Scholae, e perchè in questo momento. Dopo le ridicole olimpiadi parigine (a cui oggettivamente dovremmo dedicare un approfondimento sui troppi scandali, sportivi e non, che l’hanno accompagnata), le medaglie di atleti di colore che vestono la maglia azzurra ha rialimentato le voci degli estremisti della cittadinanza facile. Una possibile spiegazione sull’intervento di Tajani è la volontà di intercettare parte dei voti degli immigrati e dei figli di immigrati che la sinistra a tutti i costi vuole far diventare italiani. Il timido tentativo di Forza Italia potrebbe essere quindi così spiegato, ma è difficile pensare che il segretario di partito non abbia pensato che “l’apertura dei cancelli” significherebbe un’immediata valanga di voti a favore di quella sinistra che da sempre punta all’abolizione delle passaporti e dei confini, parallelamente all’azzeramento dell’identità culturale italiana e dei diritti di chi la Nazione l’ha costruita nei secoli.
Appare quindi più plausibile che Tajani stia mandando messaggi e sondando il terreno per un futuro salto dall’altra parte della barricata, tentando di cucire un’alleanza con Italia Viva e possibilmente con Azione; la creazione di quel nuovo centro che potrebbe ricordare una Democrazia Cristiana 2.0, probabilmente laica e tendenzialmente di sinistra. Non a caso Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna hanno fatto da pendolo in queste tre formazioni dopo la caduta del Governo Draghi, e potrebbero essere state le staffette incaricate di avvicinare internamente le formazioni.
Lascia da pensare, peraltro, il contemporaneo attacco alla sorella di Giorgia Meloni, accusata di “traffico di influenze” senza che si capisca bene di cosa si stia parlando: sembra quasi si stia imbastendo un nuovo caso Toti, non tanto nello specifico quanto nella finalità: minare le fondamenta dell’attuale governo in carica. Non stupisce il fatto che in molti indichino Matteo Renzi come artefice perlomeno di quest’ultima situazione.
C’è un’altra cosa che si dovrebbe tenere a mente. Forza Italia non è nuova a strani giochetti tirati ai propri alleati. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’ultimo regalo che Silvio Berlusconi ha voluto fare all’Unione Europea, mettendosi di traverso su qualsiasi nome candidabile alla Presidenza Della Repubblica e forzando una rielezione di Sergio Mattarella, trait d’union con quelle elite finanziario-liberiste che manipolano la politica europea da oltre vent’anni. È stato un regalo lungimirante: dopo essere stato defenestrato nel 2011 da un golpe economico archiettato dai massimi sistemi della finanza internazionale, Berlusconi avrebbe prima stretto un patto per tenersi strette le sue aziende prima (stranamente i temi dei conflitti di interesse e dei monopoli televisivi sono spariti dalle agende dei partiti di sinistra) e poi, nei suoi ultimi giorni, avrebbe assicurato ai suoi rampolli che nessuno li avrebbe molestati nelle loro attività economiche. Si tratta ovviamente di ipotesi, ma i molti casi e le inquietanti coincidenze spingono a pensar male.
C’è un altro fattore che coinvolge Forza Italia e l’Unione Europea. Se Fratelli D’Italia e Lega si trovano fuori dalla maggioranza del parlamento europeo, la formazione di Tajani va a braccetto con la riconfermata cordata decisionale Von Der Leyen-Metzola-Lagarde, espressione dei mercati internazionali e poco curante dei bisogni dei cittadini europei. Probabilmente Tajani sta preparando il terreno per capire se ci sono margini per una coalizione gradita ai vertici europei, con Forza Italia, Italia Viva, Azione, Più Europa, Partito Democratico e Alleanza Verdi e Sinistra. L’ennesimo polpettone che esprime tutto ed il contrario di tutto ed incapace di portare una linea politica a favore del paese Italia, ma abilissimo nell’unirsi pur di arrivare a manovrare le leve del potere.