Il governo della discontinuità doveva cambiare radicalmente l’Italia; ma lo sta realmente facendo? E ha avuto abbastanza tempo per prendere azione?
La coalizione di centro-destra, chiara ed attesa vincitrice delle elezioni politiche di fine settembre 2022, sta governando il Paese da circa sei mesi. Gli elettori che hanno dato fiducia al corpo politico guidato da Giorgia Meloni, Matteo Salvini e Antonio Tajani si attendevano un repentino cambio di passo rispetto alla direzione che i governi di sinistra e centro-sinistra hanno imposto al nostro Paese quasi ininterrottamente negli ultimi quindici anni.
Forse sei mesi non sono molti per giudicare l’operato di un esecutivo, specialmente se a digiuno di esperienza di governo; finora però l’impressione che i risultati tardino ad arrivare è indiscutibile.
Il tema più caldo per l’elettorato era sicuramente quello dell’immigrazione clandestina. Qui non si può affatto dire che il governo Meloni abbia premuto sull’acceleratore: non si sono viste infatti azioni mirate a contenere il problema nel breve periodo. Quello che sta facendo il Premier è tessere delle relazioni internazionali che possano però portare ad un cambiamento nel medio-lungo periodo: dal porre il problema sul tavolo di una Unione Europea, sempre piuttosto sorda ad ascoltare le necessità del sud del continente, al creare una collaborazione con gli stati africani che vedono i flussi migratori transitare sul loro territorio.
Eppure il bicchiere sembra sempre più mezzo vuoto: il numero di illegali che arrivano sulle nostre coste è sempre più alto, e con questo ritmo a fine anno rischiamo di vedere sul nostro territorio oltre 500000 persone da dover gestire.
Altro tema importante, e per certi versi strettamente legato a quello dell’immigrazione clandestina, era quello della sicurezza. Che si tratti di reati di droga, di furti o di violenze sessuali anche qui poco si è fatto, considerando che al momento l’unico elemento di rilievo è il decreto contro i rave ed i raduni similari non autorizzati. Eppure c’è moltissimo da fare, a partire dalla microcriminalità ormai fuori controllo; ci si aspettava di vedere immediatamente delle proposte di legge tese ad irrigidire le lasche norme in vigore ed assicurare la certezza della pena. Finora non si è visto nulla del genere.
La sbandierata flat tax è ancora un progetto sulla carta: non ci sono reali proposte parlamentari sul tavolo che abbiano iniziato alcun iter legislativo. Uno dei principali problemi della flat tax è quello legato alla copertura finanziaria legata alla sua implementazione ed alla sua sopravvivenza; in campagna elettorale gli analisti hanno avanzato forti dubbi sulla fattibilità di questa proposta, ed il fatto che finora non si sia visto nulla in merito alla flat tax lascia da pensare. Ad onor del vero il governo Meloni avrebbe ereditato dal governo Draghi un bilancio fortemente in passivo, ma non si può non pensare che questo fatto possa essere volontariamente usato come motivo per rimandare o cancellare l’implementazione della tassa piatta.
Altra situazione ereditata, sulla quale poco ha potuto fare il governo Meloni, è tutto quel che riguarda il Next Generation EU e il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. I fortissimi ritardi legati alla mancanza dell’implementazione dei progetti approvati in sede UE rischiano di compromettere l’assegnazione di buona parte dei fondi a noi assegnati. Questi ritardi hanno diversi motivi alle spalle: certamente un fattore è la farraginosità della burocrazia delle amministrazioni locali, ma non si può d’altro canto certo negare che negli ultimi quindici anni (dai tempi del governo Monti) il taglio indiscriminato delle posizioni lavorative nel pubblico ha portato le strutture lavorative ad operare con organici ridotti e non preparati per questo impegno. L’esempio più evidente è la situazione legata ai piccoli comuni, privi delle figure professionali necessarie ad implementare i progetti e quindi incapaci di procedere nella fase esecutiva, e la mancanza di una struttura capace di supportare i piccoli comuni su base regionale o zonale (visto che le Province sono state abolite).
Se proprio si vuole indorare la pillola, considerando che buona parte di questi fondi sarebbero arrivati sotto forma di prestito, questi ritardi che facilmente porteranno all’annullamento degli stanziamenti europei eviteranno al nostro Paese di indebitarsi ancora di più all’estero.
Di più si è fatto sul fronte del mondo del lavoro, con particolare attenzione alla tassazione applicata ai lavoratori. La misura temporanea varata dal governo Draghi di un taglio del 6% del costo del lavoro è stata confermata, aggiungendoci sopra un ulteriore 7%, per un importante totale di una riduzione strutturale del 13%. Si tratta di una prima e fondamentale azione alla quale ne dovrebbero seguire altre mirate a facilitare la vita dei lavoratori, ma anche dei datori di lavoro.
Altro elemento legato al PIL interno è l’apparente partenza dei lavori per la realizzazione del ponte sullo Stretto di Messina, opera della quale si sente parlare almeno dagli anni ’70 e la cui problematica realizzazione ha causato finora uno spreco di soldi pubblici.
La copertura finanziaria per quest’ultima misura è stata parzialmente realizzata dalla chiusura dei rubinetti verso i due cavalli di battaglia del M5S e che negli scorsi anni hanno sollevato innuemervoli polemiche: reddito di cittadinanza e superbonus edilizio.
Il reddito di cittadinanza è stato fortemente rivisto, eliminandone diverse criticità ma mantenendo una forma di sovvenzione per le figure più disagiate. Anche in questo caso si potevano rivedere determinate situazioni (a partire dalla mancanza di controlli e di sanzioni, mai previste dai 5 Stelle), ma evidentemente il governo non voleva alienarsi troppo le simpatie di ben precisi ceti sociali.
I bonus edilizi, al centro di critiche legate alla spesa sociale e causa di frodi diffuse, hanno anch’essi rivisto al ribasso le erogazioni statali. L’improvvisa interruzione della cessione del credito e, nel suo complesso, del superecobonus, ha causato un mezzo terremoto nel settore dell’edilizia e del credito, messo comunque in difficoltà sin dall’adozione della norma. Nei tre anni di superecobonus i cittadini coinvolti hanno vissuto momenti di estrema incertezza a causa dei continui cambiamenti imposti ad una norma mal scritta e pensata senza calcolare gli impatti economici sul comparto del credito.
Molto più attivo è stato il governo in politica estera. Il Piano Mattei dovrebbe aiutare a facilitare la nostra indipendenza energetica, a sviluppare rapporti di collaborazione coi paesi africani e a gestire meglio i flussi migratori. Non è un caso se la Francia attacca costantemente ed a testa bassa Giorgia Meloni fin da prima della tornata elettorale: un’Italia forte in campo internazionale significa la fine di un’incontrastata egemonia francese nel Maghreb e nell’Africa centrale, dove con le sue politiche tutt’ora dal forte odore colonialista la Francia ha combinato costantemente disastri e ha causato una reazione antieuropea da parte dei locali.
Ma non è solo questo il motivo per cui i governi francesi attaccano la Meloni: lei ed il centrodestra immaginano una Unione Europea dall’animo più politico e meno finanziario, quindi più vicina alle necessità di tutelare i cittadini europei e meno assoggettata o strumento delle lobby economiche. Non è un caso se il governo Meloni è ormai il punto di riferimento della maggior parte dei governi europei dell’est Europa contrari alla deriva di valori funzionale all’appiattimento della cultura europea.
E ancora, la vicinanza di Fratelli D’Italia alla Nato ha bloccato sul nascere ogni possibile polemica nata dalle ricorrenti affermazioni di Silvio Berlusconi. Tolto di mezzo per ragioni di salute e di età il padre-padrone di Forza Italia e tagliati i ponti fra la Lega e la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina, l’Italia è saldamente al centro di una politica filo-occidentale che ci vede anche rivedere gli accordi presi con la Cina dal governo Conte; accordi che ci vedono essere un mezzo per l’espansione economica del Dragone senza che per noi ci possano essere reali benefici.
Vanno infine menzionate tre situazioni che hanno creato non poco disagio fra gli elettori e che dovevano prendere una piega differente: i fondi stanziati per salvare le società calcistiche, certo non una priorità nel panorama di necessità nazionali; le affermazioni di Donzelli che hanno messo in difficoltà il governo; e infine il tentativo di bloccare l’utilizzo dei pagamenti elettronici per le transazioni sotto i 50 euro. A questo si potrebbe aggiungere una rivedibile politica sulle assegnazioni delle concessioni balneari, che se da una parte sembra voler tamponare il tentativo di cedere le nostre coste a grandi gruppi stranieri, dall’altra sembra voler tutelare fin troppo una categoria che, almeno in determinate zone, ha abusato fin troppo della sua posizione di intoccabilità.
Sostanzialmente, il governo Meloni non ha pienamente soddisfatto nei suoi primi mesi di vita. Se le priorità sono state quelle di mettere in sicurezza il bilancio statale ed impostare una nuova politica estera non più succube dei poteri economici privati, poco si è visto in termini di sicurezza e controllo dell’immigrazione clandestina. Esaurito il suo periodo di rodaggio, il governo Meloni deve ora lavorare per soddisfare le richieste dei cittadini che hanno votato la coalizione ora al timone del Paese.