Però a me il battle royale fa schifo

Perchè la modalità battle royale sia diventata la regina dei giochi d’azione in così breve tempo e con numeri di giocatori da capogiro è una cosa fuori dalla mia comprensione.

 

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Da quando gli FPS (ed i meno diffusi TPS) hanno guadagnato la componente multiplayer online, masse di giocatori hanno invaso i server alla ricerca di divertimento e competizione. I primi giochi hanno delineato quelle diverse modalità che hanno fatto da pilastri per tutti i giochi del genere: il classico deatmatch, ovvero il tutti contro tutti, il deathmatch a squadre, il capture the flag (infiltrati nella base nemica, tocca la bandiera e riportala nella tua) o il domination (conquista e tieni diversi punti sulla mappa).
Storici giochi come Unreal Tournament, Team Fortress o Day of Defeat sono esempi perfetti di come queste modalità fornissero una tale giocabilità da far sopravvivere questi titoli fino ai nostri giorni.

 

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Nell’ultimo anno e mezzo si è vista però l’esplosione di una nuova modalità: il battle royale. Fondamentalmente si tratta di un deathmatch singolo o a piccoli gruppi che unisce (talvolta) scontri a fuoco letali ad un minimo di esplorazione. Le mappe, piuttosto grandi (ma sempre uguali), prevedono una gran quantità di oggetti ed armi che spawnano randomicamente all’inizio di ogni partita, la quale raramente dura più di una ventina di minuti – permettendo così di partecipare a numerosi scontri in pochi minuti. I giocatori, inizialmente disarmati, devono recuperare armi e quant’altro nel più breve tempo possibile e sopravvivere fino alla fine, mentre la zona dei combattimenti viene artificiosamente ristretta e restarne fuori significa la morte. La cosa sembrerebbe divertente, eppure per me non è così; ho voluto provare questo tipo di giochi, e sono rimasto con uno strano sapore in bocca.

Intanto, sono molto frenetici, e la cosa di per se non sarebbe negativa; ma questo comporta che quasi non ci sia tempo di pianificare ed organizzarsi, sia che si giochi da soli o in squadra o in squadra. Ci si trova infatti a muoversi quasi costantemente con i confini della zona di combattimento che si restringono alle nostre spalle o nel bel mezzo di una confusa sparatoria dove spesso non si riesce a combinare nulla prima di essere eliminati… A chi ama giocare in modo più ragionato e tattico questa cosa non piacerà.
Inoltre, questo essere sempre sul filo del rasoio impedisce di apprezzare l’aspetto esplorativo: in giochi come Fortnite o PlayerUnknown’s BattleGrounds (PUBG) le locazioni sono ottimamente realizzate, molto dettagliate e con tantissime cose da scoprire; purtroppo però la maggior parte di queste piccole meraviglie devono essere ignorate a causa di questa corsa continua. È un vero peccato; certi scorci meriterebbero ben più che uno sguardo fugace, e poi vogliamo mettere la meraviglia di scoprire qualcosa di nuovo?

 

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La caccia ad armi ed oggetti utili contribuisce invece positivamente, innescando quel meccanismo ormai rodato dove si cerca di migliorare il proprio equipaggiamento saccheggiando le case od uccidendo gli avversari: il famoso looting di Borderlands, Destiny e così via, che tanto ricorda quel meccanismo di ricompensa a sorpresa che incuriosice chi partecipa. È da notare come nella maggior parte dei casi gli oggetti recuperati non possono essere tenuti per una prossima partita, cosa buona e giusta per livellare gli scontri e limitare quel brutale senso di perdita quando si viene uccisi e depredati.
Resta il fatto che non riesco a farmi piacere il concetto fondamentale dei battle royale: la completa mancanza di scopo nel medio e nel lungo termine.

 

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Ogni partita, fine a se stessa, ci vede lottare l’un l’altro per la mera sopravvivenza, facendo leva su sopraffazione, tradimento, cooperazione di comodo e pugnalate alle spalle; tutto questo senza una motivazione valida, uno scopo ben preciso.
Faccio un esempio: nei già citati Unreal Tournament e compagnia cantante si era quasi sempre divisi in due squadre (a volte di più), con un obiettivo comune; il deathmatch ed i gun games erano invece lasciati ai ragazzini o ai momenti di stacco, in quanto modalità prive di mordente e considerate soluzioni di ripiego.
Oggi invece questa moda pervasiva sta portando ogni gioco di settore ad implementare questa modalità, della quale personalmente non riesco a vedere molti lati positivi. Vediamo continuamente team di sviluppo snaturare i loro giochi o tralasciarne lo sviluppo per inserire a tutti i costi il battle royale nel loro titolo, pensando forse di farne la gallina dalle uova d’oro come è stato per PUBG e Fortnite; ma il primo è stato il capostipite di questo genere ed non ci scordiamo che il secondo, nato come un gioco cooperativo PVE, è gratuito nella sua incarnazione base. Il fatto che questa modalità vada spesso a braccetto con quelle odiose microtransazioni di cui abbiamo già parlato ha conseguentemente convinto numerosi sviluppatori a inserire il battle royale dove non se ne sentiva il bisogno, rubando tempo a giochi in early access bisognosi di ben altre implementazioni (Next Day: Survival, per esempio, H1Z1, o ancora Dying Light), o inflazionando il mercato. I giochi che hanno ricevuto questo bel regalino o di cui non sentivamo la mancanza sono numerosi; The Culling, The Darwin Project, Radical Heights o il povero Paladins Battleground, che dopo aver modificato il suo target di giocatori è stato abbandonato dalla comunity ed è stato addirittura abbandonato dagli sviluppatori.

 

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Ma torniamo all’analisi del battle royale. Intanto, è difficilissimo trovare collaborazione o gioco di squadra con dei perfetti sconosciuti, e nemmeno ci viene fornito uno scopo che fornisca un reale interesse nell’ammazzare tutti, se non quello della supremazia fine a se stessa.
Sembra che la massa di giocatori abbia fortemente involuto i propri gusti; fatto sta che una valanga di utenti cinesi privi di un bagaglio culturale videoludico ma anche tantissimi teenager occidentali sganciano moneta sonante in questi determinandone la prosperità ed influenzando lo sviluppo degli altri titoli. Pensando anche a Rust, dove andiamo in giro nudi con una pietra in mano a fracassare crani senza un reale motivo, o ad Escape From Tarkov dove quanto ottenuto si perde un istante dopo, non riesco a non fare un triste collegamento ai numerosi ed evidenti passi indietro che la società occidentale ha purtroppo fatto in ambito civico nella vita di tutti i giorni; dal tessuto sociale al dibattito politico, ogni ambito è pervaso da un’aggressività immotivata totalmente fuori luogo. È forse un paragone azzardato? Eppure, per rimanere nell’ambito videoludico, basta leggere i forum dei vari giochi per vedere una inaspettata quantità di commenti tossici e ostili spesso rivolti verso chi sta semplicemente chiedendo un aiuto o argomentando la propria posizione. Anche solo una decina di anni fa le non frequentissime flame wars sui vari forum erano basate su ragionamenti concreti, poco frequenti e strutturate su argomenti tangibili. Oggi gli insulti e le frasi di scherno sembrano la norma.

 

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Ecco allora forse spiegato il proliferare dei giochi “kill on sight” come PUBG o Rust, dove il tempo lo si passa ad uccidere a vista e depredare o distruggere ogni struttura che non sia la nostra; prevaricazione, ostilità, nessuna pianificazione del futuro. Tenendo poi conto che nello stesso Rust di cose da fare non ce ne sono poi troppe, e che al di là della bellissima realizzazione grafica il gioco risulta ripetitivo e vuoto, lascia da pensare il fatto che sia un titolo giocatissimo.

Ovviamente non sono questi i primi giochi a vedere gruppi di giocatori fronteggiarsi l’un l’altro saccheggiando basi o scontrandosi in epiche battaglie; ma si è sempre trattato di situazioni legate a finalità ben chiare dove avevamo singoli o squadre di giocatori, magari poco coordinate, cercare di raggiungere un obiettivo chiaro.  Una differenza sostanziale nello spirito e nella natura del gioco, che ora sembra incentivare (o lasciar sfogare? Inquietante) l’individualismo a tutti i costi, la sopraffazione, gli istinti più antisociali.

PUBG, H1Z1, Rust; tutti titoli che non insegnano certo a cooperare, e che per questo motivo non riesco a farmi piacere. Fortnite da questo punto di vista è leggermente diverso, forse perchè prevede modalità a squadre, forse perchè è nato come un gioco co-op, forse per il suo aspetto molto cartoon; ma il succo non cambia e la domanda rimane: cosa avrà mai la modalità battle royale da spiegarne la sua così capillare diffusione?

 

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