Red (2022): la recensione

La Cina è vicina… o almeno questo è quello che sogna fortissimamente la Disney che, film dopo film, sta cercando di penetrare in quel mercato.

 

Red recensione

 

La chiave è Red?

In queste settimane, sulla piattaforma Disney Plus, è stato pubblicato un nuovo film Pixar che detiene un paio di record. Innanzitutto è il primo ad essere diretto da una donna, Domee Shi. Poi è uno dei pochi ad affrontare la cultura cinese non in sé stessa (per quello c’erano già stati Mulan e Raya) ma nella sua integrazione con l’occidente. La tredicenne Mei Lee, infatti, di chiara origine asiatica, mette a confronto i valori della sua famiglia (e quindi della sua terra) con quelli più cosmopoliti e libertini del Canada (siamo a Toronto). Il plot narrativo per fare tutto questo è una sgamatissima scopiazzatura del fantastico anime Ramna ½, adorato da chiunque abbia più di trent’anni.

Udite udite: la ragazzina si trasforma in un grosso puzzolente panda rosso quando è in preda a forti emozioni. Le situazioni buffe che derivano da questo piccolo inconveniente sono trite e ritrite e, appunto, già viste nel noto cartone animato anni ottanta. Come se non bastasse la poca originalità dell’idea, gli sceneggiatori hanno deciso di copiare anche parte del film di culto Voglia Di Vincere, in cui uno sfigato Michael J. Fox diventa popolare a scuola solo quando è nei panni (o, meglio, nei peli) del suo alter ego licantropo. Mei Lee non piace ai suoi coetanei perché è diversa, ha una testa che le impone di reprimere tutta sé stessa pur di accontentare la madre, e solo quando “spanda” torna ad essere una simpatica e ribelle pre-adolescente. Alle feste vogliono il panda, non la soporifera ragazzina senso del dovere che ama fare le pulizie.

 

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E quindi giù di conflitto interno tra il rimanere una figlia disciplinata o accettare la propria natura e tutti quei cambiamenti naturali che la crescita porta con sé. Perché, al netto delle reference culturali evidenti, Red ambisce ad essere un racconto di formazione incentrato proprio su quelle trasformazioni e transizioni che tutti abbiamo affrontato e che hanno contribuito a renderci gli adulti (o presunti tali) di oggi. Che palle, che mastodontiche palle.

A salvare il polpettone purpureo arriva la grafica, di chiara estrazione nipponica, dove lo stile Miyazaki la fa da padrona e i colori sgargianti coprono, con ottimi risultati ottici, la noia dello script. Una chicchetta però c’è: l’idea di rispolverare le boy-band anni novanta in stile Take That o Nsync! I 4town (che poi sono cinque) sono una macchietta perfetta di quel genere che fece strappare mutandine a milioni di ragazze ormonizzate da balletti efebi e acuti falsettati. La scrittura delle loro canzoni è geniale e le coreografie del concerto finale rasentano la genialità.

 

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Non basta per scrollarsi di dosso quella sensazione di occasione perduta. Perché non sarebbe stato male produrre un film su quella delicata fase della vita tra la prima cotta e la prima reazione smisurata ad un “no” dei genitori, ma andava fatto bene… o almeno decentemente. Red invece sono due ore nostalgiche per gli adulti e di leggero intrattenimento per i bambini. La (forzata) mancata uscita in sala, insomma, non è stata un danno esagerato per un lavoro di rosso poteva avere anche il conto dei biglietti venduti.

 

Red, 2022

Voto: 6

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