The Gentlemen: la recensione

Si scrive The Gentlemen ma si legge Torna a casa Lassie. E alla fine Lassie a casa c’è tornata (era una cagnolina vero?), facendo felici tutti.

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Perchè Lassie? Perché il nuovo film di Guy Ritchie, The Gentlemen, è senza dubbio un reboot alle sue origini indie e punk-crime che lo hanno consacrato come regista geniale e fuori dal coro. Le sirene della gloria e dei soldoni (che schifo non fanno a nessuno) lo avevano portato a blockbuster minori con la Warner e ad un live-action di Aladdin molto bello ma anche molto fuori dalle sue corde. Ora si torna all’ovile che, nel caso di Guy, è l’Inghilterra.

L’idea narrativa è stimolante e perfettamente in linea con lavori del passato di Ritchie come Lock & Stock. Un potente trafficante d’erba americano, detentore del mercato inglese, decide di ritirarsi dal giro vendendo le sue “infrastrutture” ad un collega di malaffare. La transazione non sarà del tutto semplice e lineare. Sotto questa scintilla iniziale la Miramax ci ha messo la paglia di un cast stellare col risultato di scatenare un incendio che scalda il cuore. Matthew McConaughey (Il Regno Del Fuoco), Hugh Grant, Jeremy Strong, Charlie Hunnam e Colin Farrell (In Bruges, The Lobster, Artemis Fowl). Tutti bellissimi perché tutti bruttissimi.

 

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A dire il vero McConaughey non rinuncia a fare il piacione neanche in un film così sporco ma gli altri belloni sono davvero irriconoscibili. Tutti visibilmente fuori forma (se non proprio sovrappeso), con capelli radi o unti e vestiti che neanche ai grandi magazzini venderebbero. Colin Farrell è un folle coach di violenza insensata che giostra i suoi tirapiedi come adepti di una setta e nasconde dietro ad occhialoni anni sessanta uno sguardo da macellaio di agnelli. Charlie Hunnam è un elegante buttafuori di lusso che infila il mitra nel gessato e tiene sempre le maniche della camicia arrotolate per essere pronto a sferrare pugni su chiunque. Jeremy Strong è un potente uomo d’affari viscido e fastidiosamente magro (si vede solo il naso!) che trasuda avidità da ogni poro. Hugh Grant… beh, lui merita una citazione a parte.

 

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Vi ricordate Quattro Matrimoni e un Funerale o Notting Hill? Le donne impazzivano per quel bamboccio inglese col ciuffo fluente davanti agli occhi cerulei. Io lo avrei preso a calci fino al Galles ma ora è tutto diverso. Mai mi sarei aspettato una trasformazione simile di quest’attore… signori e signore, è nata una stella! Hugh Grant nei panni del cattivo (del “villain”, per dirla in gergo nerd) è strepitoso. Già lo aveva dimostrato in Paddington 2 ma nell’ultima opera di Guy Ritchie è semplicemente “un pezzo di merda”. Scusate il turpiloquio ma non esiste altra definizione possibile per incorniciare questa prova attoriale unica; e la decadenza fisica (reale o scenografica non saprei) aiuta tantissimo. Basta Mickey Occhi Blu. Ora è tempo di doppio mento, girovita da alcolista e capello impomatato. Fletcher, questo il nome dell’investigatore privato che Grant interpreta, fa schifo e a noi ci piace. Un esempio su tutti? Quando prova a fare sesso con Hunnam pronuncia la storica battuta “Una sega? Una sega non si nega”.

Come spesso accade in questo genere di film, il prezzo del biglietto viene rimborsato alla fine. I colpi di scena si susseguono alla grande e la struttura narrativa circolare, che inizia dalla sconcertante fine, lascia a bocca aperta. Credevate di sapere tutto? Non sapete nulla. E meno male, perché così si fanno i film di genere e così dovrebbe sempre farli Guy Ritchie. In Italia doveva uscire nella sale cinematografiche a Maggio ma a Maggio stavamo tutti accasati e quindi ora ve lo potete sparare su Amazon Prime Video.

 

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Un neo? Un neo c’è: Mickey Pearson (il bel Matthew) è il più cattivo di tutti con tutti, ma si scioglie quando vede la moglie. Ci sta. Ma allora deve essere una topa megagalattica che esce dallo schermo e ti stende come la donna in rosso negli anni ottanta. E invece Ritchie ha affidato il ruolo di Rosalind ad un’insipida Michelle Dockery senza infamia e senza lode. Perché? Mistero. Forse voleva prendere mezzo punto in meno sulla recensione della Tana del Cobra… e noi lo accontentiamo.

 

The Gentlemen, 2020
Voto: 7 (per le ragioni di cui sopra)
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