Usando retorica e slogan tipici di un’altra epoca, alcuni schieramenti politici italiani sembrano voler stendere un tappeto rosso alle truppe di Mosca.
Pur volendo usare tutta la buona volontà, si fa fatica a comprendere le posizioni espresse da qualche settimana da parte di un fronte politico che vuole l’Italia fuori dal coinvolgimento della guerra in Ucraina. L’intervento armato della Russia ha segnato un cambio di passo drammatico che ha spostato l’orologio della storia indietro di trent’anni, e non si può far finta di nulla.
All’inizio del conflitto in Ucraina, i riflettori della politica italiana sono stati puntati su Salvini: i suoi rapporti con il mondo politico russo non sono certo una sorpresa, viste le missioni leghiste a Mosca a partire dal 2014. Se fino a pochi mesi fa non era certo singolare nè sconveniente vedere leader occidentali intrattenere dialoghi con politici di Mosca e favorire accordi economici tra società nazionali e russe, scalpore fece la storia del 2018, mai completamente chiarita, del presunto finanziamento da parte di Russia Unita, il partito di Putin, verso la Lega.
In questi mesi Salvini ha condannato la guerra in atto e poi si è defilato, tenendo un approccio di basso profilo che gli ha permesso di sottrarsi alla delicata questione dei rapporti con il partito di Putin. Non ha però mancato di esprimere dubbi sulla necessità di supportare direttamente l’Ucraina con armi e munizioni da parte della Nato, cosa che ha sicuramente provocato lo storcere del naso di parte del suo elettorato, sempre più saturo delle uscite poco felici dell’attuale Segretario del movimento leghista.
Salvini però ha espresso le sue posizioni sommessamente, cercando di evitare di mettersi sotto i riflettori con le sue uscite. Cosa che invece non ha fatto Giuseppe Conte, che ha manifestato sin dai primi giorni dure opinioni in merito, col supporto di buona parte del suo Movimento 5 Stelle. Conte sta fortemente criticando, con toni da crisi di governo, la scelta di supportare l’Ucraina con materiali bellici per fronteggiare l’invasione subita.
“Si al diritto di difendersi, no a quello di contrattaccare”; le parole espresse dal leader M5S la scorsa settimana palesano una posizione che, se messa in pratica dai paesi occidentali, significherebbe nei fatti l’immediata capitolazione dell’Ucraina.
È difficile non associare Conte a certe scelte effettuate soprattutto durante il governo Conte I a vantaggio di Cina e Russia (dalla via della Seta, con la cessione di infrastrutture e porti al Dragone, ed accordi energetici stretti con Mosca), ed è altrettanto difficile riuscire a pensare che le sue affermazioni siano scevre da influenze politiche ed economiche legate a quegli accordi.
Da diverse parti il M5S è stato indicato come il cavallo di Troia cinese in Italia, così come la Lega potrebbe essere potenzialmente stato quello russo. Fatto sta che l’ex premier, nei primi giorni dell’emergenza Covid (gli stessi in cui l’Unione Europea era completamente assente e Germania, Francia ed Inghilterra ci avevano voltato le spalle negandoci qualsiasi presidio sanitario e materiale medico), ha permesso ad un contingente russo di installare sul nostro territorio un laboratorio al quale era impedito l’accesso agli italiani e che operava prendendo ordini solo da Mosca; un contingente che portava medicinali e strumenti, ma che parallelamente sembrava voler usare l’Italia come un territorio dove fare le proprie ricerche ed agendo senza alcun rispetto di un coordinamento che doveva essere sotto l’egida del nostro Esercito (e delle forze NATO). È da notare come solo oggi, a guerra in corso, siano arrivate le legittime critiche all’entourage del governo Conte II in merito a questa vicenda, e che solo adesso si sia aperta un’inchiesta.
In parallelo, è arrivato l’attivismo tardivo e fuori luogo dei pacifisti nostrani, che “stranamente” non manifestano apertamente e duramente contro la Russia ma contro la decisione del governo Draghi di fornire armi all’Ucraina per difendersi. Anche qui, il mantra ufficiale è quello di fermare la guerra, ma il risultato reale sarebbe di consegnare l’Ucraina nelle mani di quell’invasore che ha dimostrato la sua crudeltà accanendosi costantemente contro la popolazione e contro le infrastrutture civili, compiendo eccidi inenarrabili e negandoli con la faccia tosta tipica del classico regime comunista.
Se a voler veramente dar credito a queste esternazioni si può pensare ad una fetta di popolazione debole d’animo ed accecata da ideali che non hanno nessun punto di contatto col mondo reale, è proprio per la radice politica dei pacifisti nostrani che la loro protesta non può essere presa seriamente; sembra infatti più una manovra di una quinta colonna mirata a destabilizzare dall’interno il governo e l’opinione pubblica.
Conte e i pacifisti sembrano aver fatto una scelta di campo anti-occidentale: che sia frutto di un baratto personalistico o una scelta figlia di una ideologia totalitaria mai morta, i fatti dimostrano che in Italia ci sono ancora forze pronte a schierarsi contro l’idea di democrazia che dal dopoguerra il nostro paese persegue.