Supereroi: la recensione

È scientificamente dimostrato che un’idea banale con un finale ancora più banale faccia schifo. Paolo Genovese era l’unico a non saperlo.

 

Supereroi recensione

 

Altrimenti non si spiega la sceneggiatura soporifera del film Supereroi, uscito in queste settimane su Prime Video dopo una sortita cinematografica sfortunata per via del Covid e di tutti i casini annessi. Il plot era seguire la vita di una coppia per vent’anni per raccontarne la quotidianità come simbolo di super potere. Accidenti che forza! Peccato che elogiare la quotidianità l’aveva fatto già Caparezza, con uno stile e una verve ben diversa, e che ben poco hanno potuto fare gli escamotage produttivi per mettere sale ad un pagnottone insipido.

Sia chiaro, Alessandro Borghi (Aureliano nel film e nella serie Suburra) e Jasmine Trinca (La Stanza Del Figlio, La Meglio Gioventù) sono due grandi attori. Ma, non a caso, sono l’unica ragione per cui uno si sottomette alla visione di un lavoro simile. I due sono belli (anche mezzi nudi, che non guasta per l’eros) e sono pure bravi. Ma, un po’ come nel calcio, giocano in una squadra che non li supporta. Nella loro storia tutto arriva quando e come deve arrivare: scopatine romantiche, tradimenti, casini al lavoro, scazzi di coppia e una chiusura che non commentiamo per non spoilerare ma che è esattamente quel classico finale a sorpresa di quando la sorpresa non c’è. Quel che avverrà si capisce a metà film ed è una cosa vista e rivista in questo genere cinematografico.

Vorrebbe essere degno di nota il montaggio, presentato non in modo lineare ma a capocchia in stile 21 Grammi in cui lo spettatore deve sforzarsi di capire se in quel momento sono narrati loro da giovani o di mezz’età. La verità, invece, è che si ha solo la sensazione che qualcuno abbia detto: “Aò che palle. Almeno butta in caciara la linea temporale o qua si ammazzano”. E lo stile innovativo sfuma come Tavernello su tristi petti di pollo dietetici. Ma c’è di peggio.

Qualcun altro della produzione deve anche aver detto “Però devi parlà ai pischelli” e così Genovese (autore, tra gli altri, del lungometraggio Tutta Colpa Di Freud a cui si è ispirata la serie TV), o chi per lui (perché c’è di mezzo pure Rolando Ravello!), ha immaginato Trinca novella fumettista un po’ Zerocalcare (La Profezia Dell’Armadillo, Strappare Lungo I Bordi) un po’ Forattini zombie che passeggia sui cadaveri della Prima Repubblica. Per chi un minimo bazzica quei settori, infatti, le scelte che sono state fatte per rappresentarla sono imbarazzanti. Un po’ come se, in un biopic casereccio di un artista, venisse consegnato un Grammy Award a uno che sta cantando sotto la doccia. Non torna nulla. Perché questa disegna? Com’è arrivata a farsi pubblicare? Non ha incontrato nessun intralcio? Cosa piace alla gente di quel fumetto prescolare?

 

Supereroi recensione

 

È ovvio che parlando di normalità sia facile trovare momenti del film in cui riconoscersi ma la cosa non è un pregio come si credeva. Se vuoi raccontarmi la mia vita, mi rompi le scatole perché non è interessante e, soprattutto, l’ho già vista. Se mi vuoi spronare a non mollare perché “i normali” sono quelli che davvero faticano, te lo potevi risparmiare che tanto non c’ho alternative. Se invece volevi solo fare un filmetto di un paio d’ore per sbarcare il lunario, buon per te ma a men non sono arrivati soldi.

Ultima nota dolente… le note. Perché, in questo tripudio dell’ovvietà, c’è anche una colonna sonora di Maurizio Filardo (di solito bravo ed ispirato) che arpeggia sulle scene buffe e va giù di accordoni struggenti quando nell’intreccio succede qualcosa di brutto. Praticamente la prima lezione di composizione cinematografica che più scolastico non si può.

Siccome sulla carta sono tutti bravi… facciamo che abbiamo scherzato e che ci ribecchiamo in un altro lungometraggio. Titoli di coda.

 

Supereroi, 2021

Voto: 4

Per condividere questo articolo: